Il Generale della Rovere, un Racconto, un Film e un tentato golpe spagnolo
Interno, giorno, nel sottopasso che conduce al Cortile della Prigione, dove è già schierato il plotone d’esecuzione:
“Müller: In una notte come questa si parla! Ci si confida!
Bardone: Che ne sa lei? Ha mai passato una notte come questa?” (dal Film “Il Generale Della Rovere”, 1959, di Roberto Rosselli
“Signori! In questo momento supremo, rivolgiamo il nostro pensiero alle nostre famiglie, alla patria, alla maestà del re! Viva l’Italia! (Emanuele Bardone, alias il Generale Giovanni Braccioforte della Rovere, davanti al plotone di esecuzione] dal Film “Il Generale Della Rovere”, 1959, di Roberto Rossellini)
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Che c’entra un finto Generale badogliano con un mediocre truffatore diventato – non per amore ma per forza (e per vigliaccheria) – collaboratore e spia dei tedeschi? C’entra. Che c’entra con la storia di quel mediocre truffatore l’eccidio a Cibeno di 67 prigionieri del Campo di Transito di Fossoli di Carpi (Modena), del 12 Luglio 1944? Centra. Che c’entra con tutto quello che precede un tentato golpe spagnolo, datato 23 Febbraio 1981 e noto in Spagna come “23-F”? C’entra. E se avrete la pazienza di arrivare in fondo a queste righe, ve ne renderete conto da soli.
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Questa storia la possiamo far iniziare da un Film, “Il Generale Della Rovere”, diretto, nel 1959, da Roberto Rossellini, Film tratto dal Racconto omonimo di Indro Montanelli e interpretato magistralmente da Vittorio De Sica. Si tratta di un Film che certamente abbiamo visto tutti e più di una volta. Un Film pluripremiato (Leone D’Oro per il miglior Film al festival del Cinema di Venezia del 1959; Davide di Donatello per il miglior produttore nel 1960 e Nastro D’Argento 1960 per il miglior Film); un Film che, se non lo avete ancora visto, è arrivato il momento di farlo.
Bene. il Film, di Rossellini come il Racconto di Montanelli, poggiano su una storia vera. La storia di Giovanni Bertoni, o Bertone (Emanuele Bardone nel Film di Rossellini) – nato ad Alessandria e probabilmente celibe – che Montanelli conoscerà a San Vittore, mentre entrambi erano in detenzione, nel Braccio tedesco del Carcere milanese, durante l’occupazione nazifascista di Milano.
Nel Film di Rossellini, il truffatore Emanuele Bardone millanta, grazie anche alla complicità di un Sottufficiale tedesco, di poter far liberare i prigionieri dei nazifascisti, dietro pagamento di tangenti. Viene arrestato dal Colonnello delle SS Müller e, in cambio della sua liberazione, accetta di fingersi un Generale badogliano e infiltrarsi nel Carcere per scoprire i capi della Resistenza che i tedeschi ritenevano fossero rinchiusi a San Vittore
Bertoni / Bardone, durante la sua detenzione, si faceva passare per il Generale badogliano Giovanni Braccioforte Della Rovere. Dopo qualche tempo, sconvolto e cambiato da quello che ha visto durante la detenzione, Bardone, inaspettatamente – pur essendo niente affatto un eroe, ma, solo un vigliacco – assume un atteggiamento eroico e, nel ruolo del Generale badogliano, infonde coraggio agli altri detenuti. Alla fine, si rifiuterà di tradire i suoi compagni di prigione e pur avendo capito chi, nel gruppo dei fucilandi, fosse il capo partigiano che i tedeschi cercavano, sarà fucilato.
Nel Film di Rossellini, nella parte di Olga, un’amica intima di Bardone, ha lavorato una 26enne Sandra Milo, mentre la 24enneGiovanna Ralli interpreta il personaggio di Valeria, la compagna di Bardone. Roberto Rossellini ha, invece, interpretato la parte di un amico di Fabrizio, Il Capo Partigiano che i tedeschi cercavano.
Chi fosse veramente Giovanni Bertoni alias l’Emanuele Bardone del Film di Rossellini, lo spiega Mimmo Franzinelli in un suo Saggio del 2003 (vedi appresso).
La vera storia di Giovanni Bertoni
“Il cinquantenne Giovanni Bertoni, originario di Alessandria, aveva alle spalle esperienze piuttosto squallide: piccole truffe, falsificazione di vaglia postali… Nel carcere di San Vittore si presentò ai reclusi politici con un nome fittizio quanto altisonante, Generale Della Rovere, incaricato a suo dire dal governo Badoglio di allestire al Nord una rete cospirativa.
Il millantatore intendeva raccogliere informazioni per il servizio segreto germanico e per qualche settimana vi riuscì (a prestargli fede fu tra gli altri il giornalista Indro Montanelli), finché nel Maggio 1944 fu smascherato. […] I tedeschi, disinteressatisi alla sorte di Bertoni, lo internarono a Fossoli il 9 giugno 1944 col medesimo convoglio sul quale viaggiava il vero emissario del governo Badoglio, il capitano di fregata Jerzy Sas Kulczycki.” (Mimmo Franzinelli, in “Le stragi nascoste”, Mondadori, 2003)
Qui il finale del Film di Rossellini diverge dalla vera storia della fucilazione di Giovanni Bertoni. Infatti, mentre nel Film questa avviene nel cortile del Carcere, nella realtà Bertoni sarà fucilato nel Poligono di Tiro di Cibeno (Carpi), dove era stato condotto, con altri 66 prigionieri, dopo essere passato da San Vittore al Campo di Transito di Fossoli di Carpi (Modena).
Ma torniamo a una delle domande poste all’inizio di questa Nota: che c’entra con la storia di Giovanni Bertoni, solo un mediocre truffatore, un tentato golpe spagnolo, datato 23 Febbraio 1981?
Per capirlo dobbiamo scomodare la figura dello scrittore tedesco Hans Magnus Enzemberger il quale – nel suo Volume intitolato “Gli Eroi della Rinuncia”, pubblicato in Italia dalla Casa Editrice Leo S. Olschki, nel 1991 – segnala come, nel corso della Storia delle dittature del ‘900, sia venuto alla ribalta un tipo nuovo di eroe, il cosiddetto “eroe della rinuncia”, il quale è esperto nell’arte della mediazione ma, pur di raggiungere il suo scopo è capace di mettersi da parte e apparentemente rinunciare a raggiungere quanto si era prefisso.
Nel suo Saggio Enzemberger cita tre esempi di questo tipo di eroi: Michail Gorbaciov, che diede inizio allo smembramento dell’URSS, Wojeciech Jaruzelski, che nel 1981 aveva scongiurato l’invasione sovietica della Polonia, e Adolfo Suarez, il Primo Ministro spagnolo dal 1975 al Gennaio 1981, che aveva smantellato il franchismo, pur provenendo da un’esperienza politica franchista, avendo ricoperto diversi incarichi all’interno della Struttura politico-amministrativa del regime di Francisco Franco.
E proprio ad Adolfo Suarez si riferisce lo scrittore, saggista e giornalista (scrive sul Quotidiano El Pais) spagnolo Javier Cercasnel suo Saggio “Anatomia di un Istante” (Guanda, 2010) in cui ragiona sullo Statista spagnolo – riprendendo la teoria dell’”eroe della rinuncia” di Enzemberger – e lo fa partendo dal fallito Colpo di Stato del 23 Febbraio 1981, condotto dal Tenente Colonnello della Guardia Civil spagnola Antonio Tejero Molina e noto in Spagna come “23-F”.
La strage di Cibeno
“Nel poligono di tiro di Cibeno, frazione a circa 3 km a nord di Carpi, furono trucidati il 12 luglio 1944 sessantasette internati politici del campo di concentramento di Fossoli, uomini con le esperienze più varie, di tutte le professioni, di tutte le regioni, dai 16 ai 64 anni.
Condotti sul posto in tre gruppi, furono fucilati sull’orlo di una fossa scavata il giorno prima da internati ebrei. A cose finite, la fossa comune fu colmata e mascherata, e il silenzio cadde sul fatto.
I destinati alla fucilazione erano 71, ma uno, Bernardo Carenini, fu tolto dalla lista dalle stesse SS, Teresio Olivelli si nascose durante la notte e Mario Fasoli ed Eugenio Jemina, del secondo gruppo riuscirono a sfuggire all’esecuzione, ribellandosi e dando inizio a una sollevazione dei condannati. Si noti quante anomalie caratterizzino questa strage, rispetto alle “consuete” rappresaglie naziste cui la si volle accomunare, soprattutto per la segretezza da cui fu circondata.
La stampa dell’Italia liberata diede grande rilievo all’esumazione delle vittime e alle esequie solenni il 24 maggio 1945 nel Duomo di Milano: fu forse il primo momento pubblico in cui popolazione e personalità politiche e militari si fusero unanimi nel compianto e nella condanna.
Eppure a tanta emozione non è seguita giustizia: i processi iniziati sono stati insabbiati, i fascicoli per anni nascosti nel cosiddetto “armadio della vergogna”, la strage stessa, anche se ricordata ogni anno sul luogo dell’eccidio dai familiari e da una manifestazione dell’Amministrazione comunale di Carpi, è sconosciuta al grande pubblico.” (Fonte: ANED)
Qui i nomi dei fucilati: https://deportati.it/lager/fossoli/ifucilati_cibeno/ . Nell’elenco figura anche il nome di Giovanni Bertoni. (*)
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Il tentato golpe spagnolo
Così quel tentato Golpe lo racconta, il 20 Giugno del 2017, il Sito web “I Libri del Bel Paese”, in una recensione del Film “Il Generale della Rovere”.
“Madrid, 23 febbraio 1981, ore 18 e 23 minuti. Al Congresso dei deputati ( i presenti sono 350) si sta votando pro o contro Leopoldo Calvo Sotelo, candidato alla carica di Presidente del governo , in sostituzione di Adolfo Suarez, che si era dimesso 25 giorni prima e svolgeva ancora le funzioni di Presidente del Consiglio.
Ad un tratto, mentre all’assemblea arriva l’eco dei rumori provenienti dall’esterno, entra in aula, pistola in pugno, il tenente colonnello della Guardia civil Antonio Tejero Molina, che urla . “State tutti fermi dove siete! “, poi: “ Buttatevi tutti a terra!”
I deputati obbediscono, ma tre di loro fanno eccezione. Sono il presidente Adolfo Suarez, il segretario del partito comunista Santiago Carillo e il generale Mellado.
Restano fermi ai loro posti anche quando i militari sparano, le pallottole staccano pezzi di intonaco dal soffitto e gli scranni inghiottono tutti gli altri deputati.
Cercas si richiama all’“eroe” di Enzensberger: con quel gesto Suarez, restando al suo posto fra le pallottole che fischiavano, “non solo redimeva se stesso, ma in qualche modo redimeva un intero Paese dalla colpa di aver collaborato con il franchismo. Chissà, forse per questo- forse anche per questo – Suarez non si gettò a terra.” ( Anatomia…pag.380).
Conclusione del golpe: i “golpisti” portano Suarez fuori dall’aula e lo isolano in una stanza. Sono allontanati anche il generale Mellado, il segretario del PSOE Gonzales, il suo vice Alonso Guerra, Santiago Carillo ed il ministro della Difesa. ( Anatomia.. cit. pag 207)
Ma, grazie alla posizione assunta da re Juan Carlos, il golpe fallisce quella notte stessa.
Verso l’una di notte infatti il re compare in televisione con la divisa di capitano generale degli eserciti, si schiera contro i golpisti e difende la Costituzione. L’inizio dalle fine per i seguaci di Tejero.
La mattina del 24, tutti i deputati sono liberi. Ma solo Carillo, Mellado e Suarez, l’“eroe della rinuncia” hanno dato un esempio di coerenza e coraggio.”.
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Non so se la teoria di Enzemberger ripresa da Cercas, possa essere condivisibile da chi – come me – non ha mai avuto particolare simpatia per la parola “eroe” e per la categoria umana che la parola designa. Certo, l’ottica nella quale quel termine viene presentato prima dallo scrittore tedesco e poi da quello spagnolo, merita attenzione e che magari ci si ragioni meglio sopra. Certo, ci sono nella Storia fatti che possono, in una persona portare – di fronte alle nefandezze della guerra – a trasformazioni radicali e forse l’esempio di come Bertoni / Bardone, nel Film di Rossellini diventi un altro e muoia incarnando quello che non era mai stato: un “eroe” lontanissimo dal suo modo di vedere le cose e la vita, è possibile. Ma certo sarebbe stato interessante sapere cosa effettivamente Giovanni Bertoni, la spia tedesca di San Vittore, abbia pensato nel momento in cui, abbandonato dai tedeschi che lo avevano reso una spia e un traditore di altri italiani, veniva messo di fronte alla dura realtà del plotone di esecuzione tedesco, nel Poligono di Tiro di Cibeno in quel Luglio del 1944.
(*) L’ANED Nazionale e la Fondazione Fossoli hanno, insieme, ideato e portano avanti il Progetto “Pietre d’Inciampo per i 67 Martiri di Fossoli” che prevede, nel tempo, l’istallazione, sul luogo della loro residenza, di una pietra d’inciampo per ognuno dei 66 fucilati a Cibeno, il 12 Luglio del 1944. La nostra Sezione ANPI ha contribuito alla realizzazione del Progetto con una piccola donazione.
Va qui ricordato che nel 1959 il nome di Giovanni Bertoni fu depennato dall’elenco dei 67 Martiri di Fossoli con Nota del Ministero della Difesa, datata 23 Aprile 1959 n. 1-15153, su richiesta dei familiari del Generale Giuseppe Robolotti (uno dei 67 fucilati di Cibeno) che era stato il vero Comandante di Corpo d’Armata a Trieste all’8 Settembre del 1943 ed era stato, per sfortuna di Giovanni Bertoni – che così sarà smascherato come spia dei tedeschi – incarcerato proprio a San Vittore. E dunque non ci sarà la posa di una pietra d’inciampo a Memoria di Giovanni Bertoni.
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