Sinergie virtuose e azioni di sistema sui territori per un reinserimento duraturo
Plasmare un carcere “umano” e attento ai diritti delle persone non è una missione impossibile. E passa da una sinergia positiva che mette in campo azioni di sistema mirate, investimenti intelligenti e percorsi di reintegro sociale proiettati oltre le quattro mura della cella. Ne è convinta Lucia Castellano, provveditrice regionale dell’Amministrazione penitenziaria della Campania e, tra i vari incarichi, anche ex direttrice del carcere di Bollate.
Spazi insufficienti, suicidi in aumento, temperature critiche. Oggi le carceri versano in condizioni difficili: come si può sbloccare questa situazione?
Si sta intervenendo con un piano di riqualificazione edilizia – affidato a un commissario straordinario – e tutti i provveditori sono stati ingaggiati in un percorso accelerato per recuperare posti chiusi o a rischio chiusura. Stiamo facendo una corsa contro il tempo, con un lavoro di rete notevole e impiegando tutte le risorse possibili. E per il caldo sono state approntate misure di emergenza, come nebulizzatori e spostamento degli orari dei cortili passeggio.
Spingere sulle misure alternative potrebbe ridurre il sovraffollamento?
Stiamo lavorando con gli uffici di esecuzione penale esterna (Uepe) e le magistrature di sorveglianza per accelerare i flussi in uscita. Non solo: abbiamo anche in ballo diversi progetti con le regioni e la Cassa ammende per l’accoglienza in misura alternativa. Anche in questo caso, serve la collaborazione di più enti: dalle carceri ai provveditorati, passando per Uepe, Regioni, istituzioni e Terzo settore. Perché c’è un altro tema dirimente: molti detenuti non possono scontare la pena in misura alternativa perché non hanno un posto dove andare né una struttura che li accolga.
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