Ray Banhoff: «È da quando ho 15 anni che mi dicono che assomiglio a Gesù: capelli lunghi, secco, alto. Ci soffrivo. Ora ho fatto anche dei santini con la mia faccia e giro l’Italia tra sosia di Liz Taylor e Freddy Mercury»
«Mi dicono che assomiglio a Gesù, e ci soffro. È da quando ho 15 anni che mi dicono che gli assomiglio: capelli lunghi, secco, alto. Anche mia nonna lo diceva, lo dicono ancora oggi i miei alunni a scuola “sta arrivando Gesù”. E io ci soffro». Ride.
O forse, Gianluca Gliori in arte Ray Banhoff, ci soffriva. Ha fotografato i sosia d’Italia Amy Winehouse di Ostuni, la versione pugliese di Freddie Mercury, quella romana di David Bowie, il Venditti napoletano e almeno altre dieci copie viventi. Dopo aver incontrato gli altri suoi «simili» ha capito che assomigliare a Gesù non è poi così male. «Ho fatto anche dei santini con la mia faccia» mi dice. A suggerire l’idea è stato Paolo Proserpio, art director e graphic designer della fanzine Supersosia. Ritratti di star nostrane che impersonificano il loro mito che fino al 2 ottobre sono in mostra al festival di fotografia Cortona On the Move in Toscana.
Come è nato Supersosia?
«È uno spin-off di Vasco Dentro, un libro sui sosia ma solo di Vasco Rossi».
Come è riuscito a trovare i (circa quindici) sosia?
«Non li ho scoperti, in un modo o nell’altro mi sono apparsi. Freddie Mercury, per esempio, l’ho conosciuto in un servizio alle Iene, aveva evaso non so quanti soldi al fisco. L’ho cercato sui social e sono andato a fotografarlo. Alcuni che scovavo non mi interessavano, altri mi ripetevo che non potevo fare a meno di ritrarli».
E Venditti, invece?
«Per lui ho una fascinazione particolare, in casa ho appeso anche un suo scatto. Lui faceva il ciabattino a Napoli, poi ha avuto un distacco della retina. Dopo l’operazione chirurgica ha indossato un paio di occhiali fumé e da lì è diventato il sosia del cantautore romano. La voce di Antonio è quella di Antonello Venditti. Oggi guadagna un sacco di soldi esibendosi nei villaggi e sulle navi da crociera».
C’è anche la Liz Taylor italiana nel suo libro.
«Personaggio assurdo. Si chiama Miranda e vive vicino a Pavia, ha capito che impersonificando Liz Taylor avrebbe guadagnato un sacco di soldi. Una volta aveva anche un sito sugli altri sosia, faceva da agente a loro. Il marito, da scenografo di Mediaset che era, è diventato lo Sean Connery della lomellina».
C’è qualcuno che l’ha fatta penare prima di farsi fotografare e intervistare?
«Sì, ma per una questione di principio e per non dargli soddisfazione non svelerò il nome».
E altri che la hanno accolto subito?
«La maggior parte. Contenti ed emozionati di sapere che sarebbero finiti in un libro».
Quanto ha seguito ogni singolo personaggio?
«Due ore massimo per scattare le foto, magari posso berci un caffè o una birra, ma non mi soffermo. Mi è capitato di più con i sosia di Vasco»
Nel libro su Vasco Rossi dice di non amare l’espressione «progetto fotografico», Supersosia allora che cos’é?
«È un mio trip, ho sempre scattato quando avevo voglia, per allontanarmi dalla monotonia quotidiana, dalla noia. Questa ricerca di sosia in tutta Italia serviva più a me, solo dopo ho capito che avrebbe funzionato anche per altro».
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