La Foresta Nera a piedi: dentro una natura da fiaba
Una serie di decisioni sbagliate provocate dalla stanchezza aveva portato me e il mio compagno di avventure a camminare in cerchio non una, ma ben due volte, sbalorditi dalla confusione creata dal labirinto di tronchi e sentieri ingannevolmente invitanti. Abituati al sole estivo, il buio della foresta sembrava risvegliare le paure scaturite dai libri di fiabe d’infanzia – ero senz’altro felice di non essermi avventurata into the woods da sola.
Un panorama da non perdere
Anche nella più oscura delle favole dei Fratelli Grimm infine, però, arriva il sole e così è stato anche per il resto del nostro trekking. Fortunatamente, perché il terzo motivo per attenersi alla direzione ufficiale di viaggio è il panorama verso cui si procede. Come spesso accade, l’altezza di un monte è relativa a ciò che lo circonda: poiché la Foresta Nera è circondata da pianura, ogni cima conquistata, per quanto modesta, offre vedute sublimi di regioni lontane.
Nel nord della foresta, la vista sui Vosgi, aldilà della pianura del Reno e in Francia, è particolarmente suggestiva tinta dai colori rosati del tramonto. È passato il lago di Titisee, però, che il vero senso di aspettativa inizia. La zona pianeggiante che si estende a sud della Schwarzwald è così ampia, e le Alpi Svizzere sono così alte, che nelle giornate terse è possibile vedere all’orizzonte la muraglia bianco-nera composta dalle imponenti vette del massiccio dello Jungfrau, fra cui la famosa parete nord dell’Eiger. La forza di gravità esercitata da questi colossi sembra tale, che camminare verso di loro appare una conseguenza ineluttabile della loro massa.
Il panorama più frequente durante questo cammino e i protagonisti indiscussi sono, però, gli alberi: è in loro compagnia che abbiamo trascorso due settimane. Era facile, talvolta, inserire il pilota automatico e farsi trasportare, come su un tapis roulant, da questa successione, apparentemente interminabile, di abeti, pini, e faggi. Ma è stato altrettanto importante fermarsi e assorbire i suoni, i colori, e gli odori del sottobosco, trovando momenti di pausa che trascendevano la sfida di completare il trekking. Vere e proprie occasioni di forest bathing, in cui i ritmi lenti della natura dettavano il passo della conversazione, o del silenzio.
Fra cliché e autenticità
All’altro estremo dello spettro, a Schwarzwald, si trova il kitsch, dagli orologi a cucù – le cittadine rivali di Schonach e Triberg si contendono il titolo di capitali di questa arte – alle torte Foresta Nera. Ma questi esempi, e soprattutto la Schwarzwälder torte, li ho accettati di buon grado. Non ero però preparata alla scultura grottesco-kitsch messa a guardia della sorgente del Danubio. Ero molto curiosa di vedere questo luogo, il punto iniziale di uno dei fiumi più importanti per la storia e la cultura Mitteleuropea, che dal cuore della Foresta Nera attraversa dieci paesi e si sviluppa per 2,860km – dieci volte la lunghezza della Westweg – prima di sfociare nel Mar Nero. Benché la visita al sito mi abbia lasciata perplessa, e non mi abbia lasciato il senso di poesia che forse cercavo, è stato un opportuno promemoria che anche un fiume con queste origini modeste può avere un ruolo cruciale nella storia dell’Europa, e sono felice di averlo visitato.
Per fortuna, non tutti i cliché vengono per nuocere: i bordi del sentiero erano fiancheggiati da cespugli mirtilli, lamponi e fragole che hanno addolcito momenti di sete o fatica. Il prospetto di schnitzel e altre pietanze similmente sostanziose a fine giornata ha aiutato a propellerci durante le salite. L’ospitalità casereccia della zona, sicuramente in sintonia con quanto originariamente immaginato dagli albergatori fondatori della Schwarzwalverein, era rassicurante.
Alla fine di una giornata faticosa, i premi più ambiti sono un buon pasto e una notte di sonno nel silenzio del bosco. È proprio questo, abbiamo convenuto io e il mio amico, il motivo che rende i trekking lunghi esperienze uniche: lontano dalla propria vita quotidiana, con pochi averi in spalla e lunghi chilometri davanti, i nostri bisogni si riducono allo stretto necessario e ci dimentichiamo di ciò che “dobbiamo”, “vogliamo”, “siamo” al di là dell’immediato. Sono questi i momenti, scopriamo, in cui siamo più liberi.
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