Federalismo fiscale e autonomia differenziata: tra riforme e sentenze
Dal 2001, il rapporto Stato-Regioni si è evoluto tra federalismo fiscale e autonomia differenziata, con i Leop la perequazione cruciali.
Il 2 luglio scorso, sono stato audito in Commissione Parlamentare per il Federalismo Fiscale per
l’attuazione della Legge 42/2009. Di seguito, un breve estratto della memoria depositata.
Per inquadrare compiutamente la questione occorre ripercorrere le principali tappe che, dal 2001, con la riforma del Titolo V° della Costituzione (L. Cost. 3/2001), hanno caratterizzato l’inaugurazione di un nuovo sistema di rapporti tra Stato ed enti locali territoriali, con il «federalismo fiscale» e l’«autonomia asimmetrica» regionale. Si tratta di percorsi di riforma, strettamente interrelati fra loro, che mutano profondamente gli assetti preesistenti tra Stato ed enti locali territoriali, sia sul piano fiscale, amministrativo ed organizzativo, che su quello più prettamente politico e normativo.
Infatti, per effetto della riforma del 2001 del Titolo V° della Costituzione, prima con la legge delega n. 42 del 5 maggio 2009 sul «federalismo fiscale», poi con l’approvazione nel 2018 degli accordi preliminari in vista della definizione di Intese con le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, cui è seguita nel 2024 l’approvazione della contestata legge 86/2024 sull’«autonomia differenziata» – rispetto alle previsioni dei padri costituenti – si sono aperti, evidentemente, prospettive e scenari nuovi e complessi, circa le modalità di instaurare il rapporto tra i diversi livelli di governo del territorio e, quindi, tra lo Stato, le Regioni e gli altri enti locali territoriali.
I PRINCIPI DEL FEDERALISMO FISCALE E L’ARTICOLO 119 DELLA COSTITUZIONE
Con il «federalismo fiscale» si propone un assetto nuovo dei rapporti finanziari tra Stato ed enti locali, improntato a due principi essenziali: – l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la disponibilità di risorse autonome per gli enti territoriali, mediante l’applicazione di tributi ed entrate propri, affermando il superamento del sistema della «finanza derivata»; – la fissazione di principi e strumenti di coordinamento della finanza e del sistema tributario dello Stato e degli enti territoriali. La nuova formulazione dell’articolo 119 della Costituzione riconosce ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa e la disponibilità di risorse autonome.
La legge delega n. 42 del 5 maggio 2009, stabilisce in modo puntuale la struttura fondamentale delle entrate di regioni ed enti locali, definisce i principi che regoleranno l’assegnazione di risorse perequative agli enti dotati di minori capacità di autofinanziamento e delinea gli strumenti attraverso cui sarà garantito il coordinamento fra i diversi livelli di governo in materia di finanza pubblica.
IL FEDERALISMO FISCALE REGIONALE: SFIDE E PNRR
Il «federalismo fiscale regionale», rimasto ad oggi per lo più inattuato, merita oggi qualche ulteriore considerazione, in relazione a due circostanze più recenti che ne impongono, da un canto un’accelerazione del suo processo di attuazione e dall’altro la ricerca di un nuovo ed ineludibile raccordo con il più ampio progetto di regionalismo asimmetrico: 1. l’inserimento del federalismo fiscale regionale, a pieno titolo, tra gli obiettivi del PNRR, come riforma finalizzata al completamento del federalismo fiscale simmetrico e cooperativo; 2. l’approvazione della legge 86/2024 sull’autonomia differenziata delle regioni a Statuto ordinario, su cui è intervenuta la mannaia della Corte costituzionale che, con la Sentenza n. 192/2024, ne ha pressoché demolito l’architettura normativa per la rilevata violazione di alcuni principi costituzionali fondanti, come quelli di equità e sussidiarietà.
Dopo anni di stallo, il processo del federalismo fiscale ha, infatti, conosciuto una forte accelerazione per il fatto di essere stato inserito tra i progetti di riforma previsti dal PNRR, con le sue tempistiche maggiormente certe perché imposte dall’Europa. Così, la “Missione 1, Componente 1 del PNRRR (M1C1 – Riforma 1.14: Riforma del quadro fiscale subnazionale) ha fissato uno specifico obiettivo per l’attuazione del «federalismo fiscale regionale» (M1C1-119), 2 da realizzarsi entro il primo trimestre 2026.
Entro questo termine, oramai prossimo, dovrà essere completato l’intero quadro normativo di attuazione della riforma, con la previsione a partire dal mese di gennaio 2027 di tutti i meccanismi di finanziamento delle funzioni regionali, indirizzati ad assicurare autonomia di entrata delle Regioni a Statuto ordinario e la conseguente soppressione dei trasferimenti statali ed, entro la fine del corrente anno (2025), la definizione dei LEP (Livelli essenziali delle prestazioni) e dei relativi costi e fabbisogni standard.
L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA E LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Nell’anno 2024 si è aperto un ampio dibattito sul tema dell’autonomia differenziata, oggetto di uno specifico disegno di legge di iniziativa governativa proposto dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, divenuto poi legge dello Stato (legge 86/2024). Tuttavia, questa proposta di «autonomia differenziata» fin da subito non è apparsa in linea con i principi e le previsioni costituzionali, tanto da essere stata pressoché demolita, di fatto, dalla Corte costituzionale con la sentenza 192/2024 ed oggetto di un referendum abrogativo che poi, anche per effetto della pronuncia della stessa Consulta, non è stato riconosciuto come ammissibile.
La questione centrale ed ineludibile, sia per il federalismo fiscale (per l’attuazione dell’art. 119 Cost.), che per l’autonomia differenziata (per l’attuazione dell’art. 116, terzo comma Cost.), sta – dunque – nella vexata quaestio dei LEP, con i relativi costi e fabbisogni standard, accanto ai profili perequativi con l’istituzione del relativo fondo, senza vicoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante, come ci ricorda lo stesso art. 119, terzo comma Cost. Quest’ultimo aspetto risulta, peraltro, particolarmente delicato in un Paese, come il nostro, caratterizzato, già di per sé, da rilevanti divari territoriali, di natura socio-economica, tra Nord e Sud.
I LEP: NODO CENTRALE PER FEDERALISMO E AUTONOMIA
In assenza dei LEP, non ancora definiti, il criterio di finanziamento rimane quello della spesa storica, che non solo non corregge i divari preesistenti nell’accesso ai servizi pubblici, ma addirittura li amplifica, favorendo il processo di spopolamento in quelle regioni (soprattutto nel Mezzogiorno) che non riescono a garantire livelli adeguati di prestazioni per i servizi pubblici essenziali. L’art. 15 del decreto attuativo (d. lgs 68/2011) della legge 42/2009 stabilisce che, a decorrere dall’anno 2027, le entrate che costituiranno fonti di finanziamento delle Regioni per i LEP sono le seguenti: a) la compartecipazione all’IVA, non più determinata sulla base della spesa storica, ma ad un livello sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni; b) le quote dell’addizionale regionale all’IRPEF,; c) l’IRAP, fino alla data della sua sostituzione con altri tributi; d) le quote del fondo perequativo, istituito “dall’anno 2027; e) le entrate proprie.
L’ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE E I SUOI OBIETTIVI
In questo modo, finalmente si avvierebbe la concreta attuazione del modello previsto dall’art.119 della Costituzione, con il passaggio da un sistema di finanza derivata, con trasferimenti calcolati sulla spesa storica, ad uno, del tutto nuovo, di autonomia di entrata, basato su tributi propri, compartecipazioni e interventi perequativi, in modo da garantire in ogni regione il finanziamento integrale delle spese per l’erogazione dei servizi essenziali, come sanità, assistenza, istruzione, trasporto pubblico locale. Realizzato in questi termini, il federalismo fiscale raggiungerebbe uno dei suoi obiettivi primari che è quello di responsabilizzare le Regioni nella gestione delle risorse pubbliche, garantendo efficienza, controllo della spesa e misurando la capacità di entrata.
Se questo è il percorso da compiere, ormai pressoché definito nei suoi passaggi chiave, rimangono ancora numerose incertezze procedurali da superare e condizioni che devono necessariamente avverarsi, affinché il federalismo fiscale regionale possa effettivamente attuarsi, entro i termini stringenti anzidetti: – entro la fine dell’anno 2025, la definizione dei LEP (e dei relativi costi e fabbisogni standard); – entro il primo trimestre 2026, l’entrata in vigore degli atti di diritto primario e derivato per l’attuazione del federalismo fiscale regionale; 3 – dal mese di gennaio 2027, l’avvio di tutti i meccanismi di finanziamento delle funzioni regionali, indirizzati ad assicurare autonomia di entrata delle regioni a Statuto ordinario e la conseguente soppressione dei trasferimenti statali.
L’IMPATTO DELLA SENTENZA 192/2024 SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
Non si può parlare compiutamente della riforma del federalismo fiscale, senza affrontare il tema dell’autonomia differenziata e della legge 86/2024 e di come essa sia stata, di fatto, demolita nei suoi presupposti essenziali dalla sentenza della Corte costituzionale n.192/2024 del 3/12/2024. Il quadro di riferimento, com’è noto, è stato – però – stravolto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 3/12/2024, che ha colpito e smantellato i presupposti su cui si fondava la legge Calderoli (legge n. 86 del 2024) sull’autonomia differenziata, individuando numerosi profili di illegittimità costituzionale, salvando unicamente alcune previsioni in essa contenute, tuttavia interpretandole in modo costituzionalmente orientato.
Il Parlamento, a questo punto, è chiamato ad una sua rivisitazione profonda della riforma sull’autonomia differenziata, che, questa volta, preveda un suo ruolo più pregnante, soprattutto nella individuazione dei LEP e nella migliore tutela e concreta declinazione del principio costituzionale di “sussidiarietà” che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e Regioni.
FEDERALISMO ASIMMETRICO E SUBORDINAZIONE ALL’ART. 119 COST.
Alla luce del pronunciamento della Corte, che richiama più volte la procedura indicata nella legge n. 42 del 2009 di attuazione dell’art. 119 della Cost., appare evidente che il federalismo regionale asimmetrico (o differenziato) possa essere realizzato solo dopo una corretta attuazione del federalismo fiscale regionale, simmetrico e cooperativo, previsto dal medesimo art. 119 della Costituzione.
L’autonomia di cui all’art. 116, 3° comma della Costituzione, rimane una riforma importante ma, da quanto è dato leggere dalla sentenza della Corte, è – per così dire – “gerarchicamente subordinata” all’attuazione dell’art. 119 Cost. e, quindi, del federalismo cooperativo, di cui alla legge n. 42/2009, perché l’art. 116, 3° comma, testualmente recita e ci ricorda come tutto debba avvenire: «nel rispetto dei principi di cui all’art.119». Certo è che il contributo fornito dalla Corte costituzionale costituisce un viatico prezioso che dovrà ispirare il legislatore nel ricercare un progetto per l’autonomia differenziata, diverso da quello formulata nella legge 86/2024, da realizzare nel solco delle precise indicazioni contenute nella sentenza 192/2024.
LA PEREQUAZIONE INFRASTRUTTURALE: UN FRONTE CRITICO
Tema ineludibile del federalismo fiscale è, e resta, quello della perequazione infrastrutturale; fondamentale perché, se non si interviene con chiarezza e decisione, rischia di pregiudicare tutti gli sforzi compiuti, anche relativamente ai LEP, nella direzione di correggere le diseguaglianze economiche e sociali nell’accesso ai servizi pubblici. Su questo fronte, i ritardi sono ancora più gravi, rispetto a quanto avvenuto per il LEP. A tal fine, la legge n. 42/2009, il decreto interministeriale del 26/11/2010 in sede di prima applicazione della stessa legge e i successivi decreti attuativi, prevedevano un’azione articolata in due fasi temporali: – una prima, propedeutica, di censimento delle mancanze infrastrutturali e dei divari a livello territoriale; – una seconda, di programmazione degli interventi utili a realizzare un benessere infrastrutturale omogeneo tra i territori del Paese.
AUTONOMIA DIFFERENZIATA: I RITARDI NELL’ATTUAZIONE E IL DEFINANZIAMENTO DEL FONDO
Orbene, le indicazioni di cui all’art. 22 della legge 42/2009 non sono mai state attuate, così come la procedura di ricognizione preventiva, ma solo oggetto di successivi interventi di aggiornamento normativo. La legge di bilancio per il 2021 ha inoltre previsto l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, del Fondo perequativo infrastrutturale per il finanziamento delle infrastrutture necessarie ad assorbire il divario infrastrutturale, con una dotazione complessiva pari a 4,6 miliardi di euro per gli anni dal 2022 al 2033. Successivamente, la ricognizione delle dotazioni infrastrutturali è stata più volte rinviata.
4 Intanto, con la legge di bilancio per il 2024 (legge n. 213 del 2023), il Fondo per la perequazione infrastrutturale, che in origine registrava una dotazione di 4,6 miliardi di euro, subisce una forte riduzione di risorse, con un definanziamento delle somme originariamente stanziate per un ammontare pari a 3.486 milioni. Con il decreto-legge n. 60 del 2024 (cosiddetto «decreto-legge Coesione»), è avvenuta la ridenominazione del Fondo perequativo infrastrutturale in Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno, senza tuttavia specificare la dotazione del nuovo Fondo perequativo infrastrutturale per il Mezzogiorno.
VERSO UN FEDERALISMO COOPERATIVO E SOLIDALE
In definitiva, l’intento che un progetto per l’attuazione dell’autonomia differenziata, nel solco delle indicazioni segnalate dalla pronuncia della Corte costituzionale, e lo stesso vale anche per il federalismo fiscale, al quale l’autonomia differenziata è gerarchicamente subordinata come da previsione costituzionale, dovrebbe avere è quello di evitare di procedere generando ulteriori meccanismi di sperequazione; quindi, il suggerimento al legislatore è quello di mutare approccio, mirando ad accrescere la coesione sociale, piuttosto che la competitività fra le aree.
In questa direzione, la perequazione fiscale ed infrastrutturale, operata con la previsione di adeguati fondi per recuperare i gap preesistenti, e la corretta definizione dei livelli essenziali delle prestazioni per tutte le funzioni da trasferire, costituiscono presupposti assolutamente indispensabili, se si vuole dare congiuntamente attuazione agli artt. 119 e 116, 3 co., Cost. e, quindi, ad un federalismo fiscale cooperativo e solidale, raccordato ad una autonomia differenziata delle Regioni a Statuto ordinario, conservando la coesione sociale e salvaguardando l’Unità del Paese.
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