Ancona, mamma morta con il feto, ginecologa assolta. Senza colpe la dottoressa del Salesi
ANCONA Il fatto non sussiste. È terminato con una assoluzione il processo incardinato dalla procura contro una ginecologa di 66 anni, accusata di interruzione colposa di gravidanza. La dottoressa, all’epoca dei fatti dirigente medico del Salesi, era finita alla sbarra per il caso di Zohra Ben Salem, 34enne tunisina, residente a Loreto, e della bimba che portava in grembo. La mamma aveva trovato la morte durante il parto che le era stato indotto perché la piccola risultava non avere più battito.
Era il 25 agosto 2019 e per quella tragedia sono finiti sotto inchiesta 23 professionisti dell’ospedale pediatrico, tra medici, infermieri e ostetriche. Le loro posizioni sono state tutte archiviate per l’ipotesi di reato di omicidio colposo. Il cerchio si è chiuso anche per la 66enne, difesa dall’avvocato Marco Pacchiarotti. La sentenza è stata emessa dal giudice Antonella Passalacqua dopo aver sentito in aula proprio la testimonianza della ginecologa.
La 34enne, alla 38esima settimana, era stata visitata e poi dimessa dall’ospedale – dove si era rivolta per un monitoraggio programmato – tre giorni prima di morire, nonostante fosse una paziente a rischio perché soffriva di diabete gestazionale. In occasione di questo secondo controllo i medici avevano rilevato la morte intrauterina del feto. Così avevano disposto il parto indotto. Ma durante le fasi espulsive, la donna era andata in arresto cardio-respiratorio dovuto, secondo l’autopsia, a un’embolia polmonare causata dal liquido amniotico. In aula sono stati ascoltati due periti della difesa, il medico legale Mauro Pesaresi e il ginecologo Domenico Arduini, secondo cui non c’erano segni premonitori della morte intrauterina.
«Tre giorni prima dell’evento – aveva spiegato l’imputata – non c’era un quadro clinico critico, la donna non era insulino-dipendente, nelle orine era presente una modesta glicosuria ma c’era assenza di chetonuria. I valori erano nella norma, compreso il liquido amniotico». La famiglia della tunisina è già stata risarcita dall’ospedale.