Pierpaolo Spollon: «Quando diventi padre, una parte enorme di te deve morire. Poi magari la ritrovi, ma è cambiata per sempre. Ai miei figli voglio insegnare a saper soffrire»
Pierpaolo Spollon è in uno di quei periodi fortunati della carriera di un attore, quelli in cui si incasellano diversi ruoli, progetti e produzioni importanti. L’attore è al cinema con Come Fratelli – che lui stesso definisce come il giusto compromesso tra un film d’autore e uno più pop -, prossimamente sarà protagonista di Chiaro Scuro, una nuova serie crime di Netflix, e poi è reduce di una tournée teatrale di successo con lo spettacolo Quel che provo dir non so. Però, questi ultimi mesi sono stati di pausa e riflessione per potersi dedicare finalmente alla sua famiglia e, infatti, quando lo raggiungiamo al telefono è in vacanza con loro. A fare da sottofondo alle nostre parole, ci sarà sempre il piccolo Ettore, suo figlio, che pensa bene di aprire la nostra conversazione cantando Bollicine di Vasco Rossi.
Fabrizio Cestari
Se ben ricordo, circa un anno fa, aveva detto di volersi prendere un periodo di pausa dal lavoro. È una mia impressione o non è andata proprio così?
«Guardi, le buone intenzioni c’erano tutte poi non è andata come volevo. Però, le posso dire che, in questo periodo, ho imparato a dire di no, a rallentare. Ho lavorato solo ad alcuni progetti che avevo già pianificato, mentre ho lasciato da parte tutto il resto. Ha presente quello che dicono molti attori?».
Cosa?
«Ho costruito la mia carriera dicendo dei no. Ecco, ora sto imparando a dire questo, però bisogna essere onesti: per farlo, ci vuole una buona dose di fortuna, coraggio e un sostegno economico e familiare».
In questo periodo di “finta pausa”, ha scelto di girare Come fratelli che è un film particolare che affronta il tema della genitorialità in modo poco convenzionale.
«Appena ho ricevuto il copione, ho subito capito l’enorme potenziale di questa storia anche se la sua evoluzione è abbastanza lineare. A parte il colpo di scena iniziale, tutto procede senza alcuno scossone. Però, studiando il mio personaggio, Alessandro, ho pensato a dei dettagli, dialoghi e altre piccole cose che avrebbero potuto arricchire ancora di più la narrazione».
Il suo Alessandro rimane vedovo e con un figlio appena nato. Stessa sorte per Giorgio (Francesco Centorame). Così i due vanno a convivere per aiutarsi a vicenda.
«In Italia, siamo abituati a una sola tipologia di famiglia: bellissima, perfetta e che non ne ammette altre rispetto a questo modello. Ed è paradossale perché non c’è alcun sostegno al diventare e a essere genitori, soprattutto se lo confrontiamo con altri Paesi».
Mi spieghi meglio.
«Mi basta farle un semplice esempio, vissuto in prima persona. Con uno dei miei figli, ho avuto bisogno di una psicomotricista per un piccolo problema. Beh, se avessi saputo cosa fare sin dai primi mesi di vita, non mi sarei trovato neanche in questa situazione».
Come l’ha cambiata diventare genitore?
«È stato un processo lento e non immediato. Non diventi genitore quando nasce tuo figlio, lo diventi quando hai acquisito davvero la consapevolezza di essere diventato padre. Sarà stato colpa del lavoro e del fatto che fossi spesso lontano, ma nel mio caso questo è accaduto dopo due o tre anni dalla nascita del mio primo figlio. Mi sono fermato e ho pensato che ero davvero responsabile dell’esistenza di qualcun altro».
Si è mai sentito sopraffatto?
«Ci pensavo proprio interpretando Alessandro e le difficoltà che ha come padre single, dopo una tragedia così. Ho capito di avere solo una vaghissima percezione di quel tipo di difficoltà genitoriali, potendo contare sulla vicinanza e il supporto di un’altra persona. Mi sono davvero chiesto: ma come fanno?».
Come ha inciso la nascita del primo figlio sul suo equilibrio di coppia?
«Cambia tutto perché lo spazio di condivisione nella coppia si assottiglia, quindi diventa qualcosa sempre da preservare e da ricercare. Però, guardi, ultimamente sono ossessionato dal concetto di cambiamento».
Source link