Semenya, Corte Strasburgo: “Il Tas ha torto, ha diritto a equo processo”. Ma è una vittoria a metà
Una vittoria a metà. La corte europea dei diritti umani (Cedu) non si è pronunciata sulla presunta discriminazione subita da Caster Semenya, l’atleta sudafricana esclusa dalle competizioni internazionali di atletica leggera dal 2018 per essersi rifiutata di sottoporsi ai trattamenti per ridurre i livelli di testosterone. La corte, con sede a Strasburgo, ha però accolto il ricorso di Semenya relativo al diritto a un processo equo, riconoscendo che il Tribunale arbitrale dello sport di Losanna e il Tribunale federale svizzero non hanno esaminato “con il dovuto rigore” il suo ricorso contro il regolamento che le imponeva di ridurre il proprio livello di testosterone per gareggiare. Per questo, la Svizzera dovrà risarcire Semenya con 80mila euro per le spese processuali. L’atleta sudafricana, quindi, festeggia ma non troppo, in quanto la Cedu ha dichiarato inammissibile parte del suo ricorso, quello relativo alla denuncia di violazione del diritto al rispetto della vita privata e a presunte discriminazioni.
Il riesame del Tribunale federale fatto senza “particolare rigore”
“Le caratteristiche specifiche dell’arbitrato sportivo a cui Semenya era stata sottoposta – che comportava la giurisdizione obbligatoria ed esclusiva del Tribunale arbitrale dello sport – avevano richiesto un rigoroso controllo giudiziario che fosse commisurato alla gravità dei diritti personali in questione, da parte dell’unico tribunale nazionale competente a svolgere tale compito”, si legge nella sentenza, rilevando che nel caso della due volte campionessa olimpica (2012 e 2016) il riesame da parte del Tribunale Federale non ha soddisfatto il requisito di particolare rigore.


Semenya: “La priorità è proteggere gli atleti”
Semenya, 34 anni, ha definito la decisione della corte “un risultato positivo” perché ricorda a tutti che “la priorità è proteggere gli atleti”, poi ha aggiunto che “la battaglia non è finita”. Nel 2018 la World athletics aveva modificato il regolamento per l’accesso alle competizioni internazionali delle atlete iperandrogine (che producono naturalmente grandi quantità di ormoni maschili in grado di aumentare la massa muscolare e migliorare le prestazioni), regolamento poi confermato dalle pronunce del Tas nel 2019 e dal Tribunale federale di Losanna nel 2020, che avevano spiegato che livelli di testosterone simili a quelli degli uomini conferiscono alle atlete iperandrogine “un vantaggio insormontabile”, sottolineando poi l’importanza “dell’equità nelle competizioni, principio cardine dello sport”. Una normativa che Semenya combatte, appunto, dal 2018.
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