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Bertolucci: «Sinner leggermente favorito, ma Djokovic può fare l’impresa»


Il boom del tennis italiano ha provocato degli effetti collaterali come le critiche – di tutti i tipi e di tutti i toni – sui social a voi telecronisti. Alla fine forse era più facile giocare?

(Ride) Sì, perché rispondevo solo a me stesso. Il fatto è che oggi, per fortuna, siamo usciti dalla nicchia: prima ci si lamentava perché gli ascolti televisivi o le vendite dei giornali erano basse… se chiedevi a un direttore di fare un pezzo ti rispondeva “cosa? sul tennis? non se ne parla”, ora ti chiama e lo chiede lui, il pezzo. E’ chiaro, però, che quando si allarga la platea ci si imbatte in chiunque: quello laureato, quello educato, quello arrogante, quello presuntuoso e così via. Va bene, l’importante è non farsi scalfire. Del resto ieri ho trovato un inglese che se n’è uscito con “il più grosso errore che ha fatto Wimbledon è dare il microfono a McEnroe”. E ho detto tutto.

Il tennis della tua era e quello di oggi: ovviamente due mondi diversi. Ma che cosa non ha questo, di bello, di quell’epoca? 

La goliardia dello spogliatoio. Noi ci entravamo sentendoci “liberi tutti in caserma”. Si rideva, si scherzava, si parlava. Adesso è come entrare in chiesa: silenzio assoluto, ognuno in un angolo con uno, due o tre del proprio team. Ogni tanto si sente “Hi”, se poi ci si spinge a “How are you” è il non plus ultra. Noi la sera andavamo a cena insieme con gli altri, sudamericani, francesi… Oggi stanno a casa, Sinner cucina. Noi ci divertivamo, anche se vincevamo di meno e guadagnavamo di meno. Loro fanno un lavoro molto duro, si divertono in campo.

Abbiamo visto i tuoi auguri a Panatta sui social… che cosa ti riserverà il 3 agosto (giorno del compleanno di Bertolucci, ndr)?  

Ci ho parlato stamattina, ha detto che ha messo sul piatto una cifra importante per autori, tecnici audio, chi si occupa di intelligenza artificiale. “Preparati”, mi ha detto.

Ma, a parte gli scherzi, festeggerete insieme?

No, mica lo voglio! Anche se in realtà, ora che ci penso, lo vedo a breve a Forte dei Marmi, verso il 20.

A proposito di Forte dei Marmi, c’è un Adriano che non fa Panatta di cognome ma è suo nipote… Come lo vedi?

Non lo so, devi chiederlo al nonno che non capisce un c—o di tennis.

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