Basilicata

Enrico Lo Verso racconta le “Coppie mitiche” in scena a Cosenza

«I miti erano concentrati sulla natura umana»: l’attore Enrico Lo Verso parla dello spettacolo “Coppie Mitiche” venerdì 27 giugno a Cosenza


Cosa succederebbe se le grandi coppie del mito e dell’antichità fossero riportate ai giorni nostri? “Coppie Mitiche” è uno spettacolo, un viaggio proprio fra le coppie più rappresentative della mitologia che ci parlano da millenni e riescono a comunicare ancora con noi contemporanei. Venerdì 27 giugno alle ore 21,15 alla Galleria nazionale di Cosenza, ci sarà l’anteprima nazionale dello spettacolo, per la regia di Alessandra Pizzi, interpretato da Enrico Lo Verso con Alessia D’Anna, all’interno di Exit – Deviazioni in arte e musica, il festival ideato e organizzato da Piano B, giunto quest’anno alla nona edizione. Dal 2017, Exit si è affermato come progetto culturale riconoscibile per la qualità delle proposte, l’attenzione ai contesti e la relazione coerente tra arte, comunità e paesaggio. E questa occasione non è differente.

Ogni coppia mitica dello spettacolo è un simbolo, uno specchio di dinamiche universali: l’amore, la perdita, il tradimento, il sacrificio, l’ambizione e, soprattutto, l’umanità nella sua fragilità e forza. Ma cosa accade se quegli archetipi si traducono nel nostro presente? Se Orfeo ed Euridice diventassero una storia d’amore nata in chat, dove il passato e il ricordo diventano un’ossessione impossibile da lasciar andare? O se Apollo e Dafne si trasformassero in una riflessione sul consenso e sull’autodeterminazione in un mondo che ancora fatica a rispettare i confini personali?

Lo spettacolo attraverso un linguaggio contemporaneo, si articola in episodi autonomi, ciascuno dedicato proprio a una coppia mitica. Non si tratta solo un progetto di narrazione, ma di un esperimento emotivo. L’intenzione è mettere in scena le emozioni senza tempo e svelare come il mito possa essere uno strumento per comprendere chi siamo. Perché le dinamiche umane, nella loro complessità, si ripetono: cambiano le forme, i contesti, ma l’essenza rimane la stessa. L’obiettivo è che lo spettatore si riconosca, si emozioni e, soprattutto, rifletta su quanto la mitologia non sia altro che un modo poetico per raccontare la realtà.

Abbiamo raggiunto il protagonista Enrico Lo Verso, volto storico del cinema, del teatro e della televisione – da “Il Ladro di Bambini” a “La Scorta”, passando per “Così Ridevamo”, sono tante le produzioni che lo hanno visto protagonista – per conversare proprio sullo spettacolo in anteprima venerdì a Cosenza.

Come nasce il progetto Coppie Mitiche?

«Si tratta di un progetto di serialità teatrale. Poter riprendere le grande coppie del mito, ad esempio Ettore e Andromaca, Orfeo ed Euridice, Ulisse e Penelope, e riportarle a teatro con una cadenza regolare. Un progetto sicuramente ambizioso, sia per la tempistica, ma anche per la volontà di portare sul palco uno spettacolo a due voci, una donna e un uomo. Questo per dare voce all’incontro fra due mondi e ogni volta che portiamo in scena lo spettacolo vediamo che il pubblico reagisce in maniera fortemente partecipata».

Quanto è importante il messaggio dei classici nella nostra contemporaneità?

«Sai quando questi grandi pensavano, raccontavano e scrivevano non erano distratti dall’oscillazione del mercato del credito. Battute a parte, loro erano sicuramente più concentrati sulla natura umana, su ciò che siamo veramente noi come essere umani. Non è un caso che uno dei concetti più discussi presso gli antichi fosse la hybris, quella parola che si traduce con superbia, tracotanza degli dei, che li vedeva in posizione di forza e di comando. Io sono più forte e tu fai quello che dico io! Una cosa che ritroviamo anche al giorno d’oggi appena apriamo il giornale».
In un’intervista tu hai parlato del fatto che dovremmo diventare più 4.0. Cosa intendevi?
«Noi siamo perdutamente digitali oramai e io sono convinto che dobbiamo riprenderci anche la parte dell’analogico, cioè della fisicità, della corporeità e con questo intendo anche quanto conti l’attività teatrale proprio in questa direzione. C’è un fortissimo bisogno di umanità».

Quanto ci può aiutare il teatro oggi a ritrovare l’umanità?

«Il teatro è un momento in cui l’uomo ridiventa uomo, con i suoi pensieri, i suoi bisogni, anche le sue purezze, che purtroppo spesso dimentica o è costretto a dimenticare. Io sono appena stato a Siracusa e pochi giorni fa sono tornato a vedere, per ben due volte al Teatro Greco, l’Edipo a Colono di Sofocle. E ogni volta con me c’erano seimila persone! Quando ti trovi lì di fronte ti accorgi che è una tragedia che parla di tutto. Le persone si riconoscono in quelle parole, in quelle situazioni. Questa è la potenza del classico. È il rivedere e il rivedersi e allora ci ricordiamo che siamo fatti di questo».

«Come diceva quell’altro grandissimo classico (ndr Shakespeare), noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni. Inoltre, c’è un’altra cosa di cui mi sono accorto in questi dieci anni che sono in tournée con Alessandra (ndr, la regista Alessandra Pizzi), cioè che in tutti i posti in cui siamo stati la gente voleva vederci, voleva il rapporto diretto con il personaggio fisico, con il corpo del personaggio, assolutamente non filtrato. Questo lo trovo molto importante nel discorso sul riprenderci la nostra umanità».

Un’anteprima nazionale al sud in un festival che cresce di anno in anno che segnale pensa sia?

«Molto bello anche perché il sud è un territorio importante anche per la risposta che dà. Vedi, però, io girando per l’Italia mi sono accorto che non ci sono delle grandi differenze fra nord e sud. Ci sono delle sacche di non interesse verso la cultura che sono sparse. Però ci sono delle aree enormi, delle regioni intere che rispondono agli spettacoli in modo totalmente imprevisto e continuo. Ci sono zone dove fai il tutto esaurito per due settimane e altre dove, con una battage pubblicitario più forte, non ottieni gli stessi risultati. Sicuramente molto dipende dall’impegno delle politiche culturali locali e da chi lavora per per far crescere e curare un pubblico al di là di un display e su questo un plauso va fatto ai tanti operatori dei festival».


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