Omicidio Vangeli, mamma Elsa: “Ingiustizia è fatta”
La mamma di Francesco Vangeli commenta la sentenza della Cassazione sull’omicidio del figlio: «Ingiustizia»
FILANDARI – È come se la ferita si fosse riaperta, come se Francesco Vangeli fosse morto due volte: la prima per mano del suo assassino, la seconda per un sistema giudiziario «dove la giustizia fatica ad affermarsi». Elsa Tavella, madre di Francesco, è stanca, provata. Schiacciata da una decisione che suona come una beffa: quella della Corte di Cassazione che ha annullato con rinvio la condanna a 29 anni e 6 mesi inflitta ad Antonio Prostamo, 36 anni, originario di San Giovanni di Mileto, accusato di essere tra gli esecutori della scomparsa e dell’omicidio di suo figlio.
«Onestamente – confida Elsa – sono molto delusa e arrabbiata. Sono cinque anni che io e la mia famiglia viviamo un calvario senza fine. Ora, questa nuova tegola. Come può sentirsi una madre? Mi hanno ammazzato un figlio senza pietà, hanno fatto sparire il suo corpo, privandomi persino del diritto di piangere davanti a una tomba. Mi duole dirlo, ma la verità è che la legge, invece di tutelare le vittime, troppo spesso sembra proteggere i carnefici. L’ergastolo non lo stanno scontando loro, lo stiamo scontando noi: io, mio marito, i miei figli».
Oltre al danno, la beffa. Perché ora bisognerà attendere i canonici 90 giorni per conoscere le motivazioni della sentenza: «Sarà una tortura. Questo è un capitolo che non si chiude mai. Sinceramente, non ce la faccio più ad accettare questa situazione. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia. Ma ora comincio a dubitare. E questo dubbio mi distrugge, mi umilia, mi lascia senza fiato».
ELSA TAVELLA, LA MAMMA DI FRANCESCO VANGELI SI APPELLA AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SERGIO MATTARELLA DOPO LA SENTENZA PER L’OMICIDIO DEL FIGLIO
Nel buio di una vicenda che sembra non avere fine, resta solo un ultimo appello, quello rivolto al garante supremo dello Stato: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Probabilmente – ammette Elsa, con voce rotta – non potrà fare nulla. Ma è giusto che sappia come funziona la giustizia in Italia. Dopo otto anni, una madre non è ancora riuscita a ottenere giustizia per un figlio barbaramente ucciso e gettato, ancora vivo, in un fiume. Francesco non è un numero su un fascicolo. Francesco è mio figlio. E in quanto tale, merita che sua madre non smetta mai di lottare per lui».
Una lotta che continua, nel silenzio di troppe istituzioni e nell’indifferenza di un sistema che, troppo spesso, dimentica le vittime e chi le piange. Una madre che chiede solo una cosa: verità e giustizia. Non vendetta. Solo giustizia. Quella che, dopo otto lunghi anni, non è ancora arrivata.
Ma la giustizia, quando arriva tardi o non arriva affatto, smette di essere tale. Si trasforma in un’ulteriore forma di dolore. In un peso insopportabile per chi ha già perso tutto.
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