«Sono andato in Iran dai miei genitori, mi sono trovato sotto le bombe» – Cronaca
BOLZANO. «Ero andato in Iran a trovare i miei genitori. Mi sono trovato in guerra. La mattina del 13 giugno mia sorella mi ha svegliato “Israele alle 2 del mattino ci ha bombardato, non so come farai a tornare in Italia”». Colpiti siti nucleari, militari, depositi di carburante, giacimenti di gas ed edifici residenziali.
Mohammad Mahmudy, classe 1959, sposato con due figli, medico oculista di origini iraniane, da anni vive e lavora in Alto Adige ed è stato protagonista di una fuga rocambolesca dal suo Paese. Più di 24 ore di viaggio col fiato sospeso tra auto e nave per riuscire a salire su un aereo a Dubai, perché lo spazio aereo sopra l’Iran era chiuso.
Questo il suo racconto. «Il primo giugno sono partito dall’aeroporto di Bergamo per andare a trovare i miei genitori di 87 e 92 anni. Ho volato fino a Dubai, da lì il cambio di aereo per arrivare a Kerman, mia città natale, al centro del Paese. Tutto è filato liscio. Sono stati giorni di ricordi e quotidianità molto affettuosi con i miei familiari, che vedo poco. Tra il 16 ed il 17 giugno avevo fissato il rientro in Italia. Il 13 mattina alle 9, appena alzato, mia sorella mi dice “Mohammad, è scoppiata la guerra. Israele ci ha bombardato”. Mi sono mosso immediatamente, ma non è stato facile. Lo spazio aereo era stato chiuso, impensabile cercare voli. Ho chiamato l’ambasciata italiana a Teheran, mi hanno risposto che “mi avrebbero fatto sapere”. Ho capito immediatamente che dovevo arrangiarmi. In famiglia mi dicevano di rimanere “vedrai che tra qualche giorno si sistema” ma non potevo mollare. In Italia ho anche i miei pazienti che aspettano per le operazioni di cataratta prenotate da mesi. Dovevo tornare. Assolutamente».
Il medico cerca soluzioni e le trova. «Due dei miei nipoti si sono offerti di portarmi in macchina fino al porto di Bandar Abbas. Da lì avrei preso la prima nave per arrivare a Dubai e poi in aereo fino a qui. Siamo partiti sabato 14 giugno, avevamo già percorso dieci ore, vedevo in lontananza la città, quando mi chiama mio figlio Davide, neo consigliere di Forza Italia in Comune. Papà, mi dice, “fermatevi immediatamente. Gli israeliani stanno bombardando il porto dove siete diretti”. Ci siamo bloccati ed abbiamo cambiato percorso, sempre alla ricerca di una banchina. Nuova destinazione il porto di Bandar Lengeh. Altre ore di macchina e poi alle 5 di mattina arriviamo. C’è una nave, ci salgo. Il viaggio è comunque carico di tensione, anche il Golfo è sotto attacco. La nave parte alle 14 di domenica 15 giugno e arriva a Dubai alle 10 di sera. Passano le ore e non ci fanno scendere. I controlli sono stretti. A noi, ai passaporti ed alle valigie che ci portiamo dietro. Alla fine sbarco, prendo un taxi e vado in aeroporto. Il primo volo per l’Italia è il mio. Martedì 17 ero già a Bolzano, il 18 al lavoro».
Un viaggio senza quasi il tempo di pensare, con un solo obiettivo, tornare a casa salvo nel minor tempo possibile. «Mi è andata bene. Al mio popolo no, non si merita tutto questo».
Quali scenari prevede dopo i bombardamenti degli israeliani ed il successivo, pesante, intervento Usa ai siti nucleari? «O gli ayatollah mollano o la vedo durissima. Rischiamo la terza guerra mondiale. Guardate per me la guerra preventiva non funziona, perché la gente continua a morire». Mohammad Mahmudy ha lasciato l’Iran tra il 1979 ed il 1980. Gli anni che hanno visto la monarchia dello scià trasformarsi in repubblica islamica sciita con la costituzione che si ispira alla legge coranica. Lei se ne è andato dal suo Paese perché aveva capito che tirava una brutta aria? «No. All’inizio gli ayatollah si erano presentati come liberatori. Me ne sono andato perché volevo studiare all’estero, negli Usa. Poi un mio compagno di classe mi ha detto “vieni in Italia con me”. E così è stato, puro caso. Siamo partiti insieme, primo step Perugia. Tre mesi per imparare l’italiano. Poi l’esame d’ammissione, a noi stranieri lo facevano, per entrare in Università. L’ho superato e mi sono iscritto a Medicina a Bologna. Poi la specialità in Oculistica a Verona».
E come è finito a Bolzano? «Il professor Bonomi mi ha detto “vada ad imparare Chirurgia da Josef Gamper a Bolzano”. Così è stato». Sa il tedesco? «Certo. Gamper mi ha spedito tre mesi in Germania. Quando sono tornato gli ho detto “Guten Tag!”. Eccomi qui». Tutto d’un fiato.