Storonsky sfida Musk sul compenso miliardario, ma senza Tornetta
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Buona lettura,
Walter Galbiati, vicedirettore di Repubblica
Elon Musk non ce l’ha ancora fatta a incassare il suo bonus miliardario. Ed ora, causa persa dopo causa persa, rischia di essere battuto sui tempi da un altro imprenditore, il numero uno di Revolut, Nik Storonsky.
Il super bonus di Revolut. Il ceo e fondatore della Fintech avviata in Lituania e cresciuta in Inghilterra potrebbe incassare 15 miliardi di dollari nel caso in cui riuscisse a portare la società a un valore di 150 miliardi di dollari, ovvero il triplo di quanto è valutata oggi.
L’impresa di Musk. Nel 2018 Musk si era fatto assegnare dal board di Tesla 304 milioni di stock option che avrebbe potuto esercitare, ai prezzi di quell’anno (il titolo viaggiava intorno ai 20 dollari), se la casa automobilistica avesse raggiunto in Borsa il valore di 650 miliardi di dollari.
Oltre i mille miliardi. Di fatto, poiché Tesla nel 2018 valeva meno di 60 miliardi di dollari, Musk avrebbe dovuto non triplicare ma più che decuplicare il valore del suo gruppo, un’impresa quasi impossibile allora, ma centrata e superata nel 2023, perché a giugno Tesla arrivò a sfiorare addirittura i 900 miliardi di dollari di valore. Record poi battuto superando i 1.000 miliardi.
Il super bonus di Tesla. Se tutto fosse andato come previsto, Musk avrebbe dovuto incassare circa 55,8 miliardi (il tetto massimo pattuito) in azioni, il più grande premio di remunerazione per dirigenti nella storia delle società quotate.
Invece no. Un piccolo azionista di Tesla, Richard J. Tornetta, citò in giudizio nel Delaware Musk e il consiglio di amministrazione accusandoli di aver violato i rispettivi doveri fiduciari. Ovvero Musk avrebbe esercitato la sua influenza sul board, che venne meno agli obblighi di indipendenza, per farsi approvare il bonus.
Il giudice del Delaware e “i servi supini”. Nel gennaio del 2024, Kathaleen McCormick, giudice della Court of Chancery, ha dato ragione al piccolo azionista, bloccando la remunerazione e scrivendo nella sentenza che i consiglieri si erano comportati “come servi supini di un padrone prepotente”.
La carta dell’assemblea. Musk non si dà per vinto e per aggirare l’ostacolo del conflitto di interessi del board, chiede e ottiene dall’assemblea di Tesla l’approvazione del bonus, ma a dicembre dello scorso anno la giudice McCormick blocca di nuovo il compenso: “è eccessivo e contro gli obblighi fiduciari”.
Per di più, secondo le motivazioni della sentenza, il conflitto di interessi non può essere sanato con l’approvazione di un’assemblea convocata, a giochi fatti e dopo l’intervento di una corte.
Ora arriva il comitato. Musk prova ora a ripartire da capo, cercando di compiere la strada corretta. Il consiglio di amministrazione di Tesla ha infatti istituito un comitato speciale per esaminarne la retribuzione, come avviene in tutte le aziende quotate.
L’assemblea rinviata. Il comitato, in teoria dotato dei requisiti di indipendenza, dovrebbe valutare un nuovo compenso per Musk da sottoporre alla prossima assemblea di Tesla e farlo approvare. E non è un caso che la convocazione degli azionisti in programma per giugno è stata rinviata.
Si stima comunque che sarà un compenso ancora multimiliardario perché dovrebbe tener conto di quanto fatto fin qui da Musk, aggiungendo però anche nuovi obiettivi da raggiungere.
L’emulo. Nik Storonsky si è messo in scia a Musk, stipulando un accordo miliardario, svelato dal Financial Times, con i propri azionisti che gli riconoscerebbero il premio in caso di raggiungimento degli obiettivi.
Classe 1984, nato e formatosi a Mosca (Laurea in Fisica applicata e matematica con un master in economia), prima di fondare Revolut nel 2015, è stato un trader in derivati sui mercati emergenti per Credit Suisse prima e Lehman Brothers poi
Il salto. Nel 2021, quando entrarono nel capitale attraverso un round di finanziamento SoftBank e Tiger Global management, la valutazione di Revolut era già di 33 miliardi.
Un salto notevole perché quando sono scesi in campo gli investitori della prima ora, come Index Ventures e Balderton Capital, tra il 2015 e il 2017, le quotazioni non superavano i 500 milioni di dollari.
L’ultima valutazione avvenuta in occasione di un riacquisto di azioni per premiare alcuni dipendenti, Storonsky compreso, è stata di 44 miliardi di dollari.
C’è ciccia per tutti. Ora tutti, ma proprio tutti gli investitori, compreso l’ex difensore della Juventus Giorgio Chiellini che a febbraio di quest’anno ha puntato un milione di euro sulla Fintech britannica, beneficeranno se Storonsky riuscirà nella sua impresa.
Non ci sono piccoli azionisti. Pare difficile in questo caso che i grandi finanziatori di Revolut possano comportarsi come Richard J. Tornetta, che con sole nove azioni di Tesla, allora già quotata, è riuscito a fermare il compenso di Musk.
Revolut non è ancora una public company e tutti gli investitori presenti nel capitale sono professionisti del settore e hanno un interesse comune, fare più soldi possibile.
Ma quanto vale Revolut? Restano solo i dubbi se Revolut che ha 4 miliardi di dollari di ricavi, 1 miliardo di utile prima delle tasse e 38 miliardi di depositi possa raggiungere la stessa capitalizzazione (150 miliardi di dollari) di Citi che ha 81 miliardi di ricavi, 17 miliardi di utili prima delle imposte e depositi per 1.300 miliardi.
Come Tesla. Del resto, è lo stesso dubbio che vale per Tesla che, se dovesse essere valutata ai multipli dei competitor del settore auto, perfino di quelli premium come Ferrari, dovrebbe valere in Borsa meno della metà delle sue attuali quotazioni.
Vendere sogni. Le società innovative però hanno dalla loro parte il futuro e la crescita. La prima linea del bilancio di Revolut, quella dei ricavi, è salita nel 2024 del 72% contro il 3% di Citi e l’utile pre-tasse del 149% contro il 30% della banca Usa.
Sebbene per eguagliare i multipli di Citi, l’utile finale di Revolut debba crescere del 1.100%, nelle traiettorie delle quotazioni delle startup contano di più gli scenari futuri dove gli investitori immaginano un mondo con più auto elettriche o robotaxi e con banche sempre più virtuali e meno materiali.
Il sogno che vende Storonsky è di creare un’app finanziaria che, oltre a garantire il conto corrente e la carta di credito, possa diventare la prima multi-piattaforma al mondo per scambiarsi il denaro, comprare e vendere titoli, con l’aiuto del robo-advisory e fare scommesse sulle criptovalute. Ma anche un’app che al tempo stesso consenta di acquistare una qualsiasi assicurazione o di fare shopping.
Il tutto in una dimensione internazionale. Ad oggi Revolut, partita grazie a una licenza bancaria in Lituania, è presente in 30 mercati ed è la prima app finanziaria scaricata in 19 Paesi europei.
Visto come è andata a Musk, Storonsky dovrebbe augurarsi di raggiungere i 150 miliardi di valore prima della quotazione, perché, una volta sul mercato, esiste sempre il rischio che un giudice possa bloccare il bonus non passato da un regolare comitato di remunerazione su richiesta di un piccolo risparmiatore, giustamente scandalizzato per un compenso che superi anche le più alte retribuzioni dei ceo Usa, che secondo l’ultimo studio della società di ricerca Equilar nel 2024 sono cresciute del 21,9% e sono state pari a 348 volte lo stipendio mediano dei propri dipendenti.
E Storonsky con 15 miliardi sarebbe ben oltre questi limiti.
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