Potenza dormitorio, appello al sindaco e al prefetto
POTENZA – Basta rassegnazione all’idea che Potenza sia una città dormitorio, «morta, sepolta», e incapace di «“vivere” neanche un giorno all’anno». L’amministrazione comunale, quindi, si faccia carico delle «nuove esigenze di una comunità che cambia». E’ quanto chiede un gruppo di giovani che ieri ha indirizzato una lettera aperta al sindaco Vincenzo Telesca e ai consiglieri comunali, oltre che per conoscenza al prefetto Michele Campanaro. Lettera in cui segnalano la loro delusione per quanto accaduto nella notte tra il 29 e il 30 maggio, che è il giorno della festa patronale. Quando la festa a cui stavano partecipando in un locale del centro storico è stata interrotta dalla polizia in ragione di un’ordinanza che vieta di diffondere musica oltre le 2 di notte.
I 21 giovani spiegano di essersi sentiti dire che occorreva rispettare il sonno degli anziani, «anche nel giorno più partecipato dell’anno, quando per una volta migliaia di giovani scelgono come contesto di ritrovo e condivisione la propria città e non quella in cui hanno deciso di lavorare o studiare». Poi c’è il sonno di chi deve andare al lavoro di primo mattino, «come se i dj dietro la consolle quella sera non stessero lavorando, come se non stessero lavorando tutte le bariste e i baristi che dopo le 2:00 hanno visto i loro locali svuotarsi, in uno di quei pochi giorni all’anno in cui avrebbero potuto lavorare di più». «Ci si accorge – spiegano i firmatari dell’appello – di quanto Potenza sia un contesto ancora impreparato ad un certo fermento culturale, e si pensa a quanta strada si potrebbe fare con la collaborazione delle istituzioni, che assistono invece ad un esodo inquietante dei propri cittadini più giovani».
Potenza città dormitorio? L’invito è ad avere «il coraggio di abitare la contemporaneità, non con interventi “per i giovani”, ma “insieme coi giovani”, nell’interesse di tutta la comunità». «Solo così, passo dopo passo – prosegue la nota -, sarà possibile remare contro la corrente che spinge via le persone: permettere a chi è costretto ad andarsene di costruire il proprio futuro qui, e a chi se n’è già andato, di poter tornare senza dover rinunciare». «Non è bello sentirsi dire che in città come Milano serate come queste si possono protrarre fino a molto più tardi perché Milano è una città “viva sempre”». Quanto alla rassegnazione che assale chi si pone questo tipo di problemi, i 21 giovani ricordano le parole del poeta Leonardo Sinisgalli, e insistono per «il dialogo tra generazioni», per «riportare al centro del dibattito un’analisi seria e condivisa sulle reali esigenze dei giovani di questa città, affinché il prossimo futuro possa diventare terreno fertile per un impegno più concreto verso chi sogna un modo di vivere giovane, dinamico e in sintonia con il tempo presente».
La richiesta, insomma, è di «mantenere alta l’attenzione su contesti privilegiati come quello della festa appena trascorsa». Così concludono Aldo Mucciarone, Arianna Ippolito, Manuel Pasos, Monica Racioppi, Flavia Accardi, Cristiano Tullipani, Giuseppe Faruolo, Mariateresa Nino, Laura Rubino, Maria Rosaria Losasso, Manuela Accardi, Gerardo Potenza, Ludovica Scalese, Marco Ciuffreda, Egidio Pontillo, Alessio Basilico, Vincenzo Mucciarone, Gianmarco Petrone, Vito Telesca, Gabriele Pace e Chiara Telesca. Senza tralasciare tutti gli altri progetti «volti alla aggregazione e capaci di sviluppare e consolidare nel tempo l’identità di una popolazione e il suo senso di appartenenza».
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