Veneto

“No Bezos”. Festa spostata / 2a parte

Scritto in lettere giganti: “If you can rent Venice for your wedding, you can pay more tax”. (“Se puoi affittare Venezia per il tuo matrimonio, allora puoi pagare più tasse”). Lo striscione, 40 metri quadrati di protesta pacifica, firmato Greenpeace Italia e dal gruppo d’azione britannico Everyone Hates Elon, è stato srotolato al centro di Piazza San Marco da una decina di attivisti.

Un gesto fulmineo, efficace, fotografatissimo. Il blitz, durato meno di mezz’ora, ha riacceso i riflettori su uno dei punti più controversi del matrimonio-evento tra Jeff Bezos e Lauren Sánchez: il confine sottile tra celebrazione privata e occupazione simbolica di una città patrimonio dell’umanità.

La protesta: “Venezia non è un parco giochi per i miliardari”

«Bezos incarna un modello economico e sociale che ci sta portando al collasso», hanno dichiarato gli attivisti. «Dietro alla parata di yacht e celebrity, si nasconde un sistema che favorisce l’accumulo esorbitante di ricchezza a scapito della giustizia sociale e climatica».

Il messaggio non è passato inosservato. Se il primo capitolo di questa storia raccontava l’imponente macchina organizzativa del matrimonio – yacht, Marines, checkpoint e blindature – oggi il racconto vira decisamente verso il conflitto: tra chi accoglie Bezos come benefattore e chi lo respinge come simbolo di disuguaglianza planetaria.

Le reazioni: tra indignazione e applausi

Sui social l’immagine dello striscione è diventata virale in poche ore, con commenti divisi. C’è chi esulta per il coraggio dell’azione – “Finalmente qualcuno glielo dice in faccia!” – e chi la bolla come provocazione sterile contro chi “sta donando milioni alla città”.

Ma la protesta ha centrato il bersaglio: ha messo in crisi la narrativa ufficiale, quella che dipinge Bezos e Sánchez come mecenati moderni. Ha ricordato che Venezia non è un resort, ma una città fragile, con 50.000 residenti assediati da 14 milioni di turisti l’anno. E che il diritto a festeggiare deve fare i conti con il dovere di rispettare.

Sicurezza rafforzata: l’Arsenale prende il posto della Misericordia

La protesta non è stata un fulmine a ciel sereno. Già da giorni, gli organizzatori delle nozze avevano fiutato l’aria che tirava. E così, tra il 19 e il 20 giugno, è stata presa una decisione drastica: smontare i preparativi alla Scuola Grande della Misericordia, nel cuore di Cannaregio, e spostare una delle serate principali all’Arsenale.

La location, più isolata e militarmente controllabile, consente di limitare rischi e intrusioni. Una scelta che, però, dice molto sul clima attorno all’evento. Il comitato “No Bezos” ha già annunciato nuove azioni: “Impediremo fisicamente uno degli eventi. Questa città non è in vendita”.

La prefettura, intanto, ha convocato per domani un Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico. Il rischio non riguarda solo le manifestazioni locali, ma anche le tensioni geopolitiche: con i venti di guerra in Iran e le crescenti frizioni internazionali, garantire la sicurezza di 200 super-VIP – tra cui Elon Musk, Bill Gates, Oprah Winfrey e Leonardo DiCaprio – è una sfida senza precedenti per la Questura lagunare.

Il piano B di Bezos: tra San Giorgio e San Servolo

L’altro fronte operativo resta l’Isola di San Giorgio Maggiore, dove è confermata la cerimonia simbolica del 27 giugno. Ma anche qui i controlli sono aumentati. I checkpoint sono già visibili, così come gli allestimenti scenici firmati da Nicolao Atelier e Mestiere Cinema. Meno certa invece è la festa del 26, originariamente prevista alla Pagoda del Lido: anche questa potrebbe essere spostata, per ragioni di “controllabilità”.

Nel frattempo, la Venice International University sull’isola di San Servolo si prepara a ricevere un’inaspettata pioggia di fondi.

La contromossa: tre donazioni per la città

Mentre la protesta dilaga, Bezos risponde col portafoglio. È notizia di oggi la conferma di tre donazioni milionarie destinate a istituzioni veneziane impegnate nella salvaguardia ambientale.

Il gesto più eclatante è il milione di euro donato al Corila – il Consorzio per il coordinamento delle ricerche sul sistema lagunare – che riunisce l’Università Ca’ Foscari, l’Università Iuav, il Cnr e l’Istituto nazionale di oceanografia.

«È una donazione senza vincoli», spiega Pierpaolo Campostrini, direttore generale del Corila. «Significa che c’è fiducia nel nostro lavoro. Questi fondi verranno gestiti in modo trasparente, per progetti a lungo termine. Il gesto ha un valore etico prima ancora che economico».

Ma non è tutto. Altri fondi andranno alla Venice International University e all’ufficio veneziano dell’Unesco, entrambe istituzioni centrali nel monitoraggio e nella difesa della laguna.

Le istituzioni ringraziano: “Segnale di fiducia”

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha lodato pubblicamente il gesto: «È un atto di grande sensibilità. Venezia è patrimonio dell’umanità. Sapere che personalità di questo calibro scelgono di investire qui è un messaggio importante».

Sulla stessa linea l’assessore comunale al Bilancio, Michele Zuin: «Non è questione di comprare la città. Se Bezos ha scelto Venezia, significa che la ama. La sua donazione è un gesto spontaneo, non richiesto».

Più strategico il commento dell’assessore al Turismo, Simone Venturini: «Ora dobbiamo coltivare questa amicizia. Se tra gli invitati c’è chi vorrà portare qui centri di ricerca, startup, investimenti produttivi, allora l’effetto del matrimonio sarà duraturo e profondo».

Una città divisa: benefattore o colonizzatore?

Ed eccolo, il paradosso veneziano. Da un lato, Bezos è visto come un benefattore globale, pronto a ridistribuire parte della sua ricchezza in nome dell’arte, della scienza, della bellezza. Dall’altro, come un colonizzatore gentile, che con il sorriso e i milioni trasforma una città viva in un set cinematografico.

Lui e Lauren Sánchez parlano di “memorie indelebili”, di “un luogo che ci ha rapiti il cuore”. Ma fuori dal perimetro della festa, c’è chi teme che dietro il romanticismo si celi l’ennesimo passo verso la privatizzazione dell’anima veneziana.

Il terzo giorno di festa (e polemica)

Il 28 giugno sarà la giornata clou: inizialmente prevista alla Misericordia, ora in fase di riprogrammazione. Sarà forse all’Arsenale o su un’isola privata. I preparativi vengono aggiornati ogni ora, mentre i movimenti anti-Bezos promettono “azioni creative e visibili”.

Il clima è surreale: un misto di red carpet e tensione, di abiti da gala e checkpoint blindati. Una città in bilico tra incanto e resistenza.

Ed ora? il matrimonio più sorvegliato (e discusso) del pianeta

Il matrimonio tra Jeff Bezos e Lauren Sánchez sta diventando molto più di una celebrazione d’amore. È ormai un campo di battaglia simbolico dove si scontrano visioni opposte del mondo: quella dell’élite globale che si muove con jet privati e yacht da 500 milioni, e quella delle comunità locali che rivendicano il diritto a non essere comparse nel film di qualcun altro.

Oggi lo striscione di Greenpeace ha bucato la narrazione patinata dell’evento. Ha ridato voce a chi teme che Venezia sia sempre più affittata, venduta a giorni alterni ai nuovi mecenati digitali.

Domani sarà la sicurezza a parlare. Dopodomani, le cronache glamour. Ma la vera domanda resta sospesa nell’aria salmastra della laguna dopo che è stata urlata dagli attivisti: è giusto “affittare” una città?


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