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Il Mondiale per club: il calcio impazzito che non sa più staccare la spina

“Voglio di più, non mi basta mai”, canta Jovanotti per esprimere un desiderio che non si placa, una sete di vita senza limiti che si manifesta sopratutto in estate per elettrizzare le folle ai concerti,

Viene in mente, con le debite proporzioni, quanto avviene nel calcio attuale, una specie di rave infinito dove la parola “fine” è rigorosamente bandita, depennata, temuta come la peste.

Non c’è scampo: bisogna sempre andare avanti, come il povero criceto della ruota. Chi si ferma è perduto. Dopo le coppe, il campionato e una stagione zeppa come la cabina armadio della ministra Santanchè, ecco subito il Mondiale per club giocato negli Stati Uniti sotto un caldo canicolare o improvvisi rovesci temporaleschi che obbligano a interrompere le partite fino a quando le scariche d’acqua non sono finite.

C’è qualcosa di comico, in questi pause meteo, perchè non sai quanto può durare la furia di Giove Pluvio, sempre sperando che il bellicoso Zeus, per completare l’opera, non scagli sul terreno di gioco anche fulmini e saette per punire gli organizzatori di questa nuova Disneyland Park calcistica

Comunque, sfuriate di Zeus, a parte, il Mondiale va avanti. Però nonostante il gran battage di Mediaset (che tramette in chiaro le partite) e dei giornali sportivi che raccontano queste improbabili sfide con l’enfasi di una finale di Champions, l’interesse degli appassionati per questo Mondiale dei dollari creato dal nulla è simile a quello per il Festival della poesia neozelandese: praticamente zero, insomma, senza nessuna allusione alla sfortunata stagione dell’Inter, quasi per contrappasso costretta a sgobbare in piena estate mente le altre squadre se la spassano in vacanza.


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