L’attacco senza precedenti di Trump e l’Iran che grida vendetta: attesa per la reazione di Teheran
Con una mossa a sorpresa senza precedenti da parte dei suoi predecessori, Donald Trump ha sferrato un attacco all’Iran, mirando a tre siti nucleari chiave (Fordow, Natanz ed Esfahan), solo due giorni dopo aver dato un ultimatum di due settimane a Teheran per negoziare. La “Midnight Hammer”, “Martello di mezzanotte” come è stata battezzata la missione, rappresenta un vero azzardo che può definire la sua presidenza: positivamente se l’Iran accetterà di trattare, negativamente se sceglierà di rispondere colpendo il personale civile e i 40 mila soldati americani nella regione, trascinando gli Usa in una nuova guerra che Trump aveva promesso di evitare in nome dell’America First.
Massima allerta anche negli Stati Uniti, dove, nel timore di attentati, sono state rafforzate le misure di sicurezza nelle città principali, dalla capitale a New York e Los Angeles, mentre l’opinione pubblica e il Congresso si spaccano. Tutto dipenderà dalla reazione di Teheran nelle 24-48 ore successive ai raid.Trump, che ha seguito l’operazione nella situation room insieme ai suoi più stretti collaboratori prima di annunciare il blitz su Truth e parlare alla nazione, ha detto di voler ora la pace ma ha messo in guardia che gli Usa risponderanno con ancora maggior forza se Teheran colpirà gli Usa. E ha ribadito, in «un lavoro di squadra», l’asse con Bibi che ha pregato per lui al Muro del Pianto.
Le minacce
Per ora la Repubblica islamica lancia messaggi minacciosi, con la piazza che grida «vendetta», mentre proseguono gli attacchi reciproci tra Israele (che registra decine di feriti tra Tel Aviv e Haifa) e Iran. Il Paese degli ayatollah ha accusato Washington di aver fatto «saltare la diplomazia» e di aver «varcato la linea rossa», minacciando rappresaglie senza limiti se colpirà la guida suprema Ali Khamenei, «la più rossa delle linee rosse».
«Attacchi oltraggiosi, ci saranno conseguenze eterne», ha tuonato il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, che lunedì vola a Mosca da Vladimir Putin in cerca di sostegno. Teheran ha chiesto intanto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Preoccupa anche la minaccia ventilata dal Parlamento iraniano di chiudere lo Stretto di Hormuz, dove passa un quarto del traffico globale di petrolio e circa un terzo di quello di gas naturale: il prezzo dell’energia schizzerebbe alle stelle.
«Sarebbe un suicidio», ha replicato il vicepresidente Usa JD Vance, avvisando che gli Stati Uniti «non sono in guerra con l’Iran, ma con il programma nucleare iraniano». Mano tesa anche dal segretario di Stato Marco Rubio, il quale ha ribadito che «è ancora valida» l’offerta di discutere con l’Iran, permettendogli il nucleare civile ma senza l’arricchimento del proprio uranio. Ramoscello d’ulivo dal capo del Pentagono Pete Hegseth: “L’operazione non mirava al cambio di regime, Trump vuole la pace e l’Iran dovrebbe seguirlo».
Gli alleati europei
Gli alleati europei non condannano i raid americani ma premono per la ripresa dei negoziati, dalla Ue alle capitali principali, come Parigi, Londra, Berlino e Roma. «È giunto il momento che l’Iran si impegni per una soluzione diplomatica credibile. Il tavolo dei negoziati è l’unico luogo in cui porre fine a questa crisi», è il monito della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L’Iran sarà domani anche sul tavolo dei ministri degli Esteri Ue.
L’attacco Usa è stato invece condannato dai Paesi del Golfo e dalla Lega araba, i più esposti nel caso di una escalation. Ma anche da Russia e Cina, che hanno denunciato «fermamente» la violazione del diritto internazionale e del trattato di non proliferazione nucleare.
L’Aiea ha reso noto che al momento non sono stati segnalati aumenti dei livelli di radiazioni all’esterno dei siti colpiti. Anche i «diversi feriti» nei raid, ha riferito Teheran, non mostravano segni di «contaminazione radioattiva». Secondo il Pentagono, i raid sono stati «efficaci» e tutti e tre i siti hanno subito «danni e distruzione estremamente gravi».
Ma il direttore generale dell’Agenzia, Rafael Grossi, ha riferito che, mentre Natanz è stata «completamente distrutta» e il sito di Isfahan ha subito «danni molto gravi», la situazione nei sotterranei nel sito di Fordow è poco chiara. Alcuni dirigenti iraniani assicurano che Fordow non ha sostenuto danni gravi e che la maggior parte dell’uranio altamente arricchito immagazzinato presso l’impianto era stato trasferito prima dei raid Usa in una località segreta, come lascerebbero intendere anche delle immagini che mostrano un convoglio in movimento pochi giorni fa.
Di certo lo strike è stato devastante, come ha illustrato il capo dello Stato maggiore congiunto Dan Caine, secondo cui si è trattato del «più grande attacco operativo mai effettuato da bombardieri stealth B-2, e la seconda più lunga operazione B-2 mai condotta dopo l’11/9». I bombardieri B-2 hanno sganciato su Fordow 14 bombe GBU-57 Massive Ordnance Penetrator, capaci di sfondare bunker, ciascuna del peso di 30.000 libbre. L’operazione ha coinvolto oltre 125 aerei e un sottomarino della Marina Usa nel Golfo Persico,COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA