Umbria

Farmaci scaduti somministrati agli anziani, la Cassazione manda il processo a Perugia


La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata sui ricorsi presentati da sette operatori sanitari condannati in primo grado per la detenzione e somministrazione di un farmaco scaduto a una paziente ospite della struttura.

I fatti contestati

Il procedimento trae origine da un’ispezione condotta dai Carabinieri del Nas di Pescara il 22 febbraio 2018. Durante il controllo, furono trovate due confezioni del farmaco “Duloxetina Teva Italia” 60 mg con scadenza gennaio 2018: una parzialmente utilizzata nel carrello delle terapie e l’altra integra nell’armadio dei farmaci. Secondo l’accusa, tale farmaco sarebbe stato somministrato alla paziente da diversi infermieri tra il 1° e il 21 febbraio 2018. Gli imputati erano stati condannati a 4 mesi di reclusione (con pena sospesa) e 400 euro di multa il medico, gli altri operatori 8 mesi di reclusione (pena sospesa) e 800 euro di multa ciascuno. Condanne che erano state integralmente confermate dalla Corte d’appello dell’Aquila.

La decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato gran parte dei motivi sollevati dagli imputati, ma ha accolto il secondo motivo presentato dal medico, ritenendolo “fondato e assorbente” anche per gli altri ricorrenti.

In particolare, la Cassazione ha osservato che la contestazione relativa al commercio o somministrazione di medicinali guasti non può essere interpretato in modo da fondare una responsabilità penale automatica in presenza di un farmaco scaduto, in assenza di un accertamento tecnico circa la sua effettiva pericolosità. La Corte ha ritenuto inadeguata la “presunzione assoluta” di dannosità utilizzata dai giudici di merito, sottolineando la necessità di una verifica concreta sulle condizioni del medicinale.

Sul punto adesso dovrà esprimersi la Corte d’appello di Perugia, chiamata a giudicare sul rinvio deciso dai giudici di Cassazione.


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