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“Basta massacri da Gaza all’Ucraina. I governi parlano solo di riarmo”

“La mia carta d’identità non è un segreto. Ho 65 anni e li ho vissuti tutti qui, sono legatissimo alle mie radici”. Per festeggiare i 30 anni di “Certe notti”, la canzone che ha segnato uno dei momenti più importanti della sua carriera, Luciano Ligabue ha deciso di tornare a casa. E non poteva che scegliere la RCF Arena di Campovolo. Per lui, è la quinta volta sul palco di “un posto magico” che gli ha regalato gioie e l’abbraccio di migliaia di fan, ma anche una delusione nel 2005, quando il live fu guastato da alcuni problemi tecnici. In ogni caso, ha dichiarato “abbiamo lavorato per fare in modo che anche questo show fosse all’altezza dei precedenti”.

“I governi ignorano il riscaldamento globale. L’AI? Può arricchire lo show”– Abbiamo usato l’intelligenza artificiale per creare realtà che non esistono, ad esempio per mettere insieme su una navicella spaziale i capi del mondo che brindano. Una tecnologia così potente, se la si utilizza con parsimonia, può arricchire lo spettacolo con contenuti che aiutano a trasmettere un messaggio. In “Cosa vuoi che sia”, l’AI ricrea una Las Vegas post-apocalittica che è un’immagine fortissima, soprattutto in questo tempi. Durante il brano scorrono sul ledwall i dati sul riscaldamento globale, che è un tema che i governi vogliono mettere sotto il tappeto perché si pensa solo a finanza, economia e pil. Cosa chiedo ai potenti? Negli Anni 70, da adolescente, ero convinto che si potesse cambiare il mondo rendendolo migliore, più equo e giusto: gli operai, gli studenti e gli intellettuali andavano tutti nella stessa direzione. Oggi si dovrebbe smontare tutto. Non ci si può non occupare del riscaldamento globale e non si può continuare a pensare solo al riarmo e alla guerra.

“Abbiamo bisogno che i massacri nel mondo finiscano” – Sul conflitto a Gaza, sono tali l’orrore e l’indignazione che il rischio è che ogni parola diventi superflua e perda effetto. Abbiamo bisogno di pensare che questo massacro finisca. Per “Il mio nome è mai più”, un brano uscito 26 anni fa ma in cui ancora oggi c’è tutto quello che penso, abbiamo recuperato un intervento di Benigni contro le guerre che tocca anche il coinvolgimento dei bambini nelle ostilità. Un argomento che, chiunque abbia umanità, deve avere a cuore. Denunciamo il massacro di Gaza, ma anche quello in Ucraina, in Sudan e i 56 conflitti in corso nel mondo.

“Non smetto mai di scrivere, è terapeutico. Gli stadi? Esiste un tempo di maturazione” – Non smetto mai di scrivere. Non è solo una forma di impegno, ma anche un piacere ed è terapeutico. Scrivo costantemente, potrei fare due, tre album, ma pubblicare è diventata un’altra cosa. Adesso una canzone dura una settimana, le più fortunate un mese. Per cui quando si decide di uscire con nuova musica bisogna che ci si rifletta a lungo. La corsa ai numeri? Non sono informatissimo sulle nuove uscite in Italia, ma il nostro mondo è diventato maledettamente competitivo. Dal provino in casa, se non arrivi il giorno dopo allo stadio allora c’è qualcosa che non va. Invece penso ci debba essere un tempo di maturazione. Se le tecniche di vendita di cui si è parlato tanto (la polemica dei biglietti a 10 euro, ndr) esistono davvero non fanno bene né alla musica né agli stessi artisti.

“Il mio primo show a Campovolo non andò molto bene” – Non sono solo i 30 anni dal disco “Buon compleanno Elvis”, ma anche i 20 dal primo concerto a Campovolo, che per me è un posto magico. Nel 2005, non avevamo immaginato che così tanta gente sarebbe venuta a vedere lo show. Pensando di poter raggiungere tutto il pubblico, in quell’occasione avevamo montato quattro palchi. Se non l’aveva mai fatto nessuno, però, un motivo c’era (ride, ndr), infatti ci furono diversi problemi tecnici. Ma non dimenticherò mai il bellissimo momento di “Urlando contro il cielo”, in chiusura di spettacolo, anche con le complicazioni di quella sera. Al concerto del 2011, invece, c’era la luna piena e dissi ai presenti che era l’occasione perfetta per fare dei figli. Qualcuno, poi, mi ha portato le prove.


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