Risoluzione 487 ONU: Iran chiede applicazione contro attacco Israele ai siti nucleari
Applicare la Risoluzione 487 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite all’attacco militare sferrato da Israele all’Iran. E’ la richiesta di Abbas Araghchi a poche ore dalla riunione del Consiglio prevista per il pomeriggio italiano a New York. “Il testo di tale risoluzione è inequivocabile” – ha scritto su X il ministro degli Esteri iraniano che è a Ginevra per colloqui con gli omologhi di Francia, Germania e Regno Unito -: qualsiasi attacco militare agli impianti nucleari costituisce un attacco all’intero regime di controlli di sicurezza dell’Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ndr) e, in ultima analisi, al Tnp”, il Trattato di non proliferazione nucleare firmato nel 1970.
Di cosa parla il capo della diplomazia di Teheran? La Risoluzione 487 venne approvata il 19 giugno 1981 in conseguenza del bombardamento effettuato dalla Israeli Air Force sull’impianto nucleare di Osirak, in Iraq, avvenuto il precedente 7 giugno. Quel giorno dalla base di Etzion, nel Sinai, su ordine dell’allora premier israeliano, Menachem Begin decollò una squadriglia di 14 tra F-15 e F-16 e un aereo cisterna per la missione denominata “Operazione Babilonia”. I piloti, che avevano sostituito sulle carlinghe la stella di Davide con le insegne giordane, per confondere le contraeree arabe fecero vari giri sorvolando Giordania e Arabia Saudita prima di arrivare sull’Iraq. Quando furono a Tammuz, a circa 30 km da Baghdad, fecero piovere su Osirak un diluvio di fuoco. Cinque minuti dopo il reattore, ultimato nel 1977, era parzialmente distrutto. Nel 1991 venne definitivamente raso al suolo dai caccia degli Stati Uniti durante la Guerra del Golfo.
Israele giustificò il raid come una misura preventiva – come fatto da Benjamin Netanyahu nelle ore immediatamente successive all’attacco all’Iran – per evitare che il regime di Saddam Hussein sviluppasse armi atomiche, affermando che l’impianto rappresentava una minaccia alla sua sicurezza. Tuttavia, la comunità internazionale, gli Stati Uniti in testa, condannò l’azione. E il Consiglio di sicurezza adottò la risoluzione 487.
“Pienamente consapevole del fatto che l’Iraq è stato parte del trattato di non proliferazione delle armi nucleari da quando è entrato in vigore nel 1970 – recita il documento – , che conformemente a tale trattato l’Iraq ha accettato il controllo di sicurezza dell’Agenzia su tutte le sue attività nucleari e che l’Agenzia ha testimoniato che tali controlli sono stati applicati in modo soddisfacente fino ad oggi”, “rilevando inoltre che Israele non ha aderito al trattato di non proliferazione delle armi nucleari”, il Consiglio di sicurezza si diceva “profondamente preoccupato per il pericolo alla pace e alla sicurezza internazionale creato dal premeditato attacco aereo israeliano contro gli impianti nucleari iracheni del 7 giugno 1981, che potrebbe in qualsiasi momento far esplodere la situazione nella regione”. Inoltre “detto attacco costituisce una grave minaccia per l’intero regime di salvaguardia dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che è il fondamento del trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari”. La risoluzione quindi “condanna fermamente l’attacco militare di Israele in chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite e delle norme di condotta internazionale” e “invita Israele ad astenersi in futuro da tali atti o minacce“.
Un richiamo, quello ai principi della Carta Onu, espresso per due volte nei giorni scorsi anche dalla stessa Aiea. La prima volta 13 giugno, la mattina stessa degli attacchi agli impianti nucleari iraniani, il direttore generale Rafael Mariano Grossi aveva ricordato “le numerose risoluzioni della Conferenza generale sul tema degli attacchi militari contro gli impianti nucleari”, in particolare quella del 27 settembre 1985 e quella del 21 settembre 1990, che stabiliscono che “qualsiasi attacco armato e minaccia contro impianti nucleari dedicati a scopi pacifici costituisce una violazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e dello Statuto dell’Agenzia”. Richiamo ribadito dall’Agenzia anche il 19 giugno.
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