Giornata mondiale del rifugiato: sempre meno fondi per gli aiuti, sempre più persone in fuga
Accogliere e proteggere non è qualcosa che ha a che fare solo con un dovere morale ma è anche un obbligo giuridico. Lo ha ribadito, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, che si celebra il 20 giugno, il Segretario generale del Consiglio d’Europa Alain Berset: «Quest’obbligo è racchiuso nel diritto internazionale ed europeo, dalla Convenzione sui rifugiati del 1951 alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il nostro tenace impegno a favore di questi principi è ciò che unisce il Consiglio d’Europa e continuerà a plasmare il futuro democratico dell’Europa».
Guerre, violenze, persecuzioni, ma anche instabilità politica e crisi economiche costringono milioni di persone a lasciare le proprie case, in cerca di salvezza, protezione, futuro. Secondo il nuovo rapporto Global Trends pubblicato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), alla fine di aprile 2025 le persone costrette a fuggire nel mondo hanno raggiunto quota 122,1 milioni. Un dato in continuo aumento da oltre un decennio. E mentre in molti si continuano a chiedere: quanti ne possiamo accogliere ancora, i numeri dicono, ancora una volta, che il 73% dei rifugiati del mondo è accolto nei Paesi a basso e medio reddito, mentre il 67% resta nei Paesi confinanti con le aree di crisi. Sono il Ciad, l’Etiopia, l’Uganda, la Repubblica Democratica del Congo, il Sudan, Paesi spesso dimenticati, fragili essi stessi, a garantire rifugio a milioni di persone.
E mentre l’attualità di ogni giorno mostra guerre e persone in fuga, i fondi umanitari ristagnano. I finanziamenti globali sono tornati ai livelli del 2015, mentre le necessità sono raddoppiate. Una forbice che lascia intere comunità senza cibo, bambini senza scuola, donne senza protezione. Un disastro umanitario alimentato dall’indifferenza. «Viviamo in un periodo di intensa volatilità nelle relazioni internazionali con la guerra moderna che crea un panorama fragile e straziante, segnato da un’acuta sofferenza umana», ha commentato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. « Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per cercare la pace e trovare soluzioni durature per i rifugiati e le altre persone costrette a fuggire dalle loro case». La fotografia del rapporto mostra un’umanità ferita e dispersa. Il Sudan ha superato la Siria come paese con il maggior numero di sfollati (14,3 milioni), ma anche l’Afghanistan (10,3 milioni) e l’Ucraina (8,8 milioni) restano in cima alla lista. Un altro dato segnala il lento ritorno a casa di quasi 10 milioni di persone nel 2024, tra cui 1,6 milioni di rifugiati, il dato più alto degli ultimi vent’anni. Ma spesso si tratta di rientri forzati, non volontari: come nel caso di molti afghani.
Nel nostro Paese, al termine del 2024 si contavano circa 150mila beneficiari di protezione internazionale, 207mila richiedenti asilo e oltre 163mila cittadini ucraini accolti con protezione temporanea. L’Italia, pur tra difficoltà e polemiche, resta uno dei principali donatori dell’Unhcr ma nel dibattito pubblico il rifugiato è ancora visto come una minaccia, un costo, un problema. In realtà, come ha ricordato Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, «In questo tempo il dolore degli altri può sembrarci distante, ma in realtà ci tocca da vicino. Viviamo in un mondo dove ciò che accade altrove ha conseguenze anche su di noi». E ogni taglio agli aiuti, oltre che essere disumano, è una rinuncia alla prevenzione dei conflitti, alla protezione dei diritti umani, alla stabilità globale.
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