Società

Corte di Cassazione: «Il ritardo nella reazione della vittima non esclude la violenza sessuale»

Il «ritardo nella reazione» della vittima non esclude la violenza sessuale. Con questa motivazione la Corte di Cassazione, nella sentenza depositata il 16 giugno 2025, ha accolto il ricorso del procuratore generale di Milano contro l’assoluzione di un ex sindacalista, già imputato per violenza sessuale ai danni di una hostess. Una pronuncia destinata a lasciare il segno, perché afferma in modo netto che «il ritardo nella reazione della vittima nella manifestazione del dissenso è irrilevante ai fini della configurazione della violenza sessuale».

La decisione ribalta quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Milano nel secondo grado di giudizio, che aveva assolto l’ex sindacalista sostenendo che la donna «in 30 secondi» avrebbe potuto opporsi. I giudici milanesi, infatti, avevano ritenuto che l’imputato non avesse «adoperato alcuna forma di violenza – ancorché si sia trattato, effettivamente, di molestie repentine – tale da porre la persona offesa in una situazione di assoluta impossibilità di sottrarsi alla condotta». Una condotta che, scrivevano ancora i giudici, «non ha (senz’altro) vanificato ogni possibile reazione della parte offesa, essendosi protratta per una finestra temporale», «20-30 secondi», che «le avrebbe consentito anche di potersi dileguare».

La vicenda: la denuncia e le assoluzioni

I fatti risalgono al marzo 2018, quando un sindacalista della Fit Cisl in servizio all’aeroporto di Malpensa fu denunciato da una hostess che a lui si era rivolta per una questione lavorativa. Il primo grado, celebrato nel 2022 davanti al tribunale di Busto Arsizio, si era concluso con un’assoluzione. Allora, come ricordato da La Stampa, la presidente del collegio Nicoletta Guerrero spiegò che la vittima era stata creduta, ma che «non era stata raggiunta la prova in dibattimento su quanto denunciato dalla hostess».

La sentenza venne confermata nel giugno 2024 dalla Corte d’Appello di Milano, con una motivazione che suscitò un’ampia ondata di critiche. A indignare, in particolare, fu l’idea che la donna avrebbe avuto «20-30 secondi» per reagire e che tale lasso temporale avrebbe reso «non configurabile» la violenza.

Una lettura respinta fin da subito da Maria Teresa Manente, responsabile dell’ufficio legale dell’associazione Differenza Donna e legale della parte civile: «Faremo ricorso in Cassazione perché questa sentenza ci riporta indietro di 30 anni e rinnega tutta la giurisprudenza di Cassazione che da oltre dieci anni afferma che un atto sessuale, compiuto in maniera repentina, subdola, improvvisa senza accertarsi del consenso della donna è reato di violenza sessuale e come tale va giudicato».

Cassazione: «Il consenso deve essere certo, pieno e continuo»

Il ricorso del procuratore generale di Milano, Angelo Renna, ha fatto leva proprio sul principio – ormai consolidato nella giurisprudenza più recente – secondo cui non basta non percepire un dissenso: è necessario avere la ragionevole certezza di un consenso pieno, iniziale e permanente.

La Cassazione ha dato ragione a questa interpretazione, stabilendo che il tempo impiegato dalla vittima per manifestare il proprio dissenso non è elemento utile a escludere la violenza sessuale. La «sorpresa» di fronte all’abuso, scrivono i giudici, «può essere tale da superare la contraria volontà», ponendo la vittima «nella impossibilità di difendersi».


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