SPID a pagamento da luglio? I fondi non arrivano, la convenzione è in scadenza e alcuni operatori annunciano che non sarà più gratis
Sommario:
- Lo SPID rischia di diventare a pagamento da luglio 2025 per il blocco dei fondi pubblici agli operatori.
- Aruba e Infocert hanno già annunciato costi annuali, mentre Poste Italiane mantiene per ora la gratuità.
- Il Codacons minaccia azioni legali, ma serviranno?
Lo SPID è ormai diventato uno strumento fondamentale per accedere ai servizi online della Pubblica Amministrazione. Lo usiamo per tutto: dalla prenotazione delle visite mediche, alla richiesta di bonus, passando per l’accesso ai portali INPS, Agenzia delle Entrate app IO e molto altro. Ma da luglio 2025, qualcosa potrebbe cambiare in modo drastico.
Alcuni operatori hanno già cominciato a introdurre dei costi annuali per mantenere attivo lo SPID, mentre i fondi pubblici destinati a finanziare il servizio sono ancora bloccati. E intanto si avvicina una scadenza che potrebbe mettere in discussione l’intera gestione del sistema di identità digitale.
SPID a pagamento per tutti? Ecco perché potrebbe succedere davvero
Per mettere le cose in prospettiva, nel solo 2024 lo SPID ha gestito oltre 1,2 miliardi di accessi, numeri che confermano quanto sia diventato importante per milioni di italiani (del resto era esattamente il suo scopo!).
Peccato che ci sia il rischio concreto che l’intero sistema diventi a pagamento. Il motivo? I 40 milioni di euro previsti da un decreto del 2023 e destinati a coprire i costi degli operatori non sono ancora stati erogati. Senza quei fondi, diversi provider si sono ritrovati a gestire il servizio in perdita, e qualcuno ha deciso di cambiare rotta.
Aruba è stata la prima a muoversi, come già confermato un mesetto fa; a ruota, Infocert ha annunciato che dal 28 luglio 2025 applicherà un costo annuale di 5,98 euro (IVA inclusa). Una svolta dopo oltre dieci anni di gratuità.
E questo, sia chiaro, non vale solo per le nuove utente. Anche chi ha già ottenuto l’identità digitale tramite questi operatori dovrà quindi pagare per mantenerla attiva.
Al momento resta gratuito con Poste Italiane, che gestisce la maggior parte delle identità attive. Ma nessuno può escludere che la situazione cambi anche lì, specialmente se i finanziamenti statali continueranno a non arrivare.
Una data importante
A rendere tutto più urgente c’è un altro dettaglio: il 9 luglio 2025 scade la convenzione tra lo Stato e i fornitori SPID. Da quel momento parte una finestra di tre mesi per rinegoziare gli accordi. Le aziende dovranno decidere se proseguire o chiudere il servizio. E se anche solo uno dei grandi player si sfilasse, l’impatto potrebbe essere enorme.
Anche se il finanziamento è stato formalmente approvato a marzo, i tempi tecnici per il pagamento restano incerti. E, nel frattempo, gli operatori che hanno introdotto un costo difficilmente faranno marcia indietro, anche se i soldi dovessero finalmente arrivare.
Azioni legali e scenari futuri
Il rischio che lo SPID diventi a pagamento ha fatto scattare l’allarme tra le associazioni dei consumatori. Per milioni di italiani, questa identità digitale è ormai uno strumento imprescindibile. E trovarsi all’improvviso a dover pagare per continuare a usarlo non era nei piani di nessuno.
Tra le voci più critiche c’è (come sempre) il Codacons, che ha definito l’attuale situazione “gravemente lesiva dei diritti dei cittadini“.
Dopo anni in cui lo Stato ha spinto i cittadini a dotarsi dello SPID, il passaggio a un servizio a pagamento, causato da ritardi della pubblica amministrazione, viene visto come una scorrettezza inaccettabile. L’associazione ha già annunciato la possibilità di avviare azioni legali contro lo Stato e contro l’AgID, per chiedere risarcimenti in nome degli utenti danneggiati.
SPID o CIE? Un sistema ancora troppo fragile
C’è anche un altro nodo da sciogliere: quello del futuro stesso dell’identità digitale in Italia. Da anni si parla della CIE (Carta d’Identità Elettronica) come possibile alternativa allo SPID, ma oggi il suo utilizzo resta marginale per gli accessi ai servizi pubblici. La maggior parte dei cittadini continua a preferire lo SPID, che è più semplice da attivare e parte con un netto vantaggio di utenti (e le abitudini, si sa, sono sempre difficili da cambiare).
Insomma, al momento non esiste un vero piano B, quantomeno non uno semplice per noi utenti.
Tutto ruota attorno al rinnovo delle convenzioni, allo sblocco dei fondi e alle decisioni dei provider. Se qualcosa dovesse andare storto, potremmo trovarci a luglio con milioni di cittadini tagliati fuori dai servizi digitali della PA (o “costretti” a pagare). E con una fiducia verso il sistema ancora una volta messa a dura prova.
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