Billy Woods – Golliwog: L’afropessimismo di un rapper senza compromessi :: Le Recensioni di OndaRock
Staggerin’ post-colonial African zombie state chase the people into the waves
Watch every ship and raft ‘til they disappear
Whether it make it or watery grave, hey, who’s to say?
Golliwog è un personaggio creato nel 1895 dalla scrittrice americana Florence Kate Upton in un libro per bambini. Raffigurato come una bambola nera con occhi sporgenti, labbra rosse e abiti vistosi, inizialmente era presentato in modo positivo. Tuttavia, la sua immagine è stata poi semplificata e diffusa in giocattoli e pubblicità, diventando un simbolo stereotipato e razzista. Utilizzato soprattutto nel Regno Unito, ha suscitato crescenti polemiche per la rappresentazione denigratoria delle persone nere. Oggi Golliwog è considerato razzista da superare e riconsiderare in una prospettiva critica e post-coloniale. È anche il nome scelto da Billy Woods per il seguito di “Maps” (2023, con Kenny Segal). L’album include contributi al microfono di al.divino, Bruiser Wolf, Cavalier, Despot, Elucid e Yoland Watson, mentre la produzione è affidata a una squadra di nomi di rilievo come The Alchemist, Ant, Conductor Williams, DJ Haram, El-P, Jeff Markey, Human Error Club, Kenny Segal, Messiah Musik, Preservation, Sadhugold, Saint Abdullah, Shabaka Hutchings, Steel Tipped Dove e Willie Green.
È un viaggio tetro, inquietante e pieno di disagio, che conduce l’ascoltatore al centro di un malessere asfissiante, dove la poesia e la bellezza emergono come un tragico contrasto.
Il carillon distorto di “Jumpscare” è lo spunto per iniziare una discesa negli inferi di un afropessimismo che alterna astrazione e affermazioni politiche, esplorazioni sonore e verbali ai limiti dell’onirico, da amalgamare con cacofonie, sample deformati e spigolose fiammate hardcore. È un’esplorazione che prende in prestito qualcosa anche dal cinema horror, sfrutta i meccanismi del racconto macabro e implementa l’allegoria per commentare la società e soprattutto l’ostilità contro il mondo black.
It’s a dark road, but it ain’t no accidents
No coincidences, it’s all praxis
È un susseguirsi di visioni minacciose, come nel jazz-rap lugubre di “Misery” (con il ritorno di Kenny Segal) o nella tensione angosciante di “Waterproof Mascara”, ma con rari momenti di creatività appena più colorati (la comunque amarissima “Blk Xmas” featuring Bruiser Wolf) e altri un po’ più canonici (“Cold Sweat”).
Neighbors just got evicted
How you gon’ put folks out a week before Christmas and they got kids?
Them people sick in they head, it’s sickening
Everything niggas got, tossed in the street, crying kids, it’s wicked
Il modo in cui l’elemento ritmico sfuma fino a scomparire, nonché la presenza di suoni e campionamenti che attingono da un lessico ampio che include anche citazioni cinematografiche, aggiungono una dimensione visionaria all’intero album.
Sul piano sonoro, alcuni momenti sono di assoluto pregio, complessi meccanismi di espressionismo in forma di beat atipici, come nel caso di “Pitchforks & Halos”, o stravaganti esplorazioni sci-fi come “All These Worlds Are Yours” featuring Elucid, Dj Haram, Shabaka Hutchings.
In un album senza l’ombra di un singolo, da ascoltare per intero ed esperire come un unico viaggio sonoro, “Blk Zmby” è l’unica, parziale, eccezione. Dominato da brani brevi, spesso sotto i tre minuti, “Golliwog” eccelle anche quando il minutaggio aumenta in “Lead Paint Test” con Elucid e Cavalier, onirica e malinconica.
Chiuso dall’ectoplasma jazz-rap intitolato “Dislocated” (featuring Elucid), “Golliwog” rischia di non essere apprezzato abbastanza perché ennesimo album di spessore in una discografia piena di momenti notevoli. Inadatto a chi cerca nell’hip-hop intrattenimento, è un album profondo e complesso, coerente e cupo. Uno dei migliori dell’anno, probabilmente, almeno nel suo genere.
05/06/2025