Un piatto di pasta stimola la socialità: lo dice la scienza
Basta mettere un piatto di pasta a tavola per stimolare la socialità e lo stare insieme. Quella che in fondo era sempre stata una sensazione, ovvero che la pasta fosse un modo per unire tutti quanti e creare un legame conviviale, ora è confermato anche dalla scienza.
Secondo uno studio italiano del «Behavior & Brain Lab» dell’Università IULM, realizzato per i pastai di Unione Italiana Food, esiste un meccanismo preciso di spinta alla connessione sociale che si prova mangiando un piatto di pasta. La ricerca scientifica ha indagato la sfera della convivialità a tavola con un focus sulla pasta e, grazie all’uso di strumenti di neuromarketing, ha dimostrato che il consumo condiviso di pasta è un catalizzatore unico di convivialità, capace di generare emozioni positive e di rafforzare i legami sociali in misura maggiore rispetto ad altre attività sociali comuni. Non a caso, la pasta è l’emblema della Dieta Mediterranea (che però è anche fatta di tanta frutta e verdura di stagione, bisogna ricordarlo) che proprio della convivialità ha fatto una condizione necessaria, positiva per il corpo e la mente.
E attenzione: se conviviale deve essere, allora che lo sia fino in fondo, senza negare lo spazio ai celiaci, visto che ormai le paste gluten free sono facilmente accessibili e reperibili ovunque.
Lo studio
Per dimostrare la connessione tra pasta e socialità, la stessa di cui in qualche modo ci parlavano le nostre nonne quando portavano a tavola la pentola piena di spaghetti al sugo, i ricercatori universitari hanno utilizzato le metodologie neuroscientifiche e del brain tracking (l’analisi delle attivazioni cerebrali legate alle emozioni, della variazione del battito cardiaco e della microsudorazione), su un campione di quaranta soggetti (metà donne e metà uomini), divisi in coppie di età compresa tra i 25 e i 55 anni, appassionati di pasta, film e giochi.
Lo studio ha così individuato l’effetto del consumo di pasta sulla qualità delle interazioni sociali, ha confrontato le emozioni positive e la connessione percepita in diverse esperienze condivise come la visione di uno spezzone di un film, la condivisione di un’attività ludica e una fase di interazione libera (che viene considerata come benchmark, visto il suo naturale livello di coinvolgimento sociale), identificando gli indicatori neuroscientifici, fisiologici e comportamentali che spiegano il ruolo unico della pasta nella promozione della convivialità.
Così, gli studiosi sono riusciti a confermare che mangiare pasta in compagnia facilita le interazioni sociali a livello di stimolazione cognitiva ed emotiva, più di quanto succeda con la visione di un film o durante lo svolgimento di un’attività ludica. La ricerca ha reso evidente che condividere un pasto semplice come un piatto di pasta può essere un modo efficace per rafforzare i legami sociali e connettere emotivamente persone tra loro sconosciute e diverse.
«I risultati ci dicono che sono proprio i momenti in cui mangiamo la pasta quelli che ci attivano maggiormente a livello emotivo», ha spiegato Vincenzo Russo, Professore Ordinario di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing dell’Università IULM, Fondatore e Coordinatore del Centro di Ricerca di Neuromarketing Behavior & Brain Lab IULM. «È, quindi, l’atto vero e proprio di assaggiare e assaporare il piatto nel suo pieno sapore a stimolare le memorie e le emozioni più positive. I risultati ci permettono di poter affermare che la pasta è un vero e proprio catalizzatore di relazioni e che un piatto di spaghetti a centro tavola può dar vita ad una rete sociale».
Insomma: se si vuole fare pace dopo una lite, far nascere un’amicizia (o un amore) o magari anche solo creare l’atmosfera giusta per una serata tutti insieme, quello che ci vuole è un piatto di pasta. Lo diceva la nonna, e oggi lo conferma anche la scienza.
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