«Giovanni Brusca nel 2008 passò 3 giorni a Fano sorvegliato a vista in una casa isolata». L’operazione top secret raccontata dall’ex capo della Mobile Zeloni
FANO Giovanni Brusca trascorse tre giorni e due notti in un’abitazione isolata nel Fanese, sotto la strettissima sorveglianza della Squadra Mobile. Un’operazione al massimo livello di riservatezza e inusuale, per il suo elevato tenore di complessità, nella provincia di Pesaro Urbino. «Era il periodo della Pasqua 2008, se non ricordo male», racconta Andrea Massimo Zeloni, ora dirigente superiore in riposo, ma al tempo capo della squadra mobile in Questura a Pesaro. Un’operazione di carattere straordinario fu dunque affidata al più noto tra gli uffici investigativi della polizia.
Un preavviso di due ore
«L’ordine – prosegue Zeloni – ci fu comunicato dal Ministero all’interno con il preavviso di un’ora, due al massimo. Si doveva prendere in consegna una persona, senza sapere chi fosse né da dove provenisse. Coinvolsi l’intero organico della squadra mobile e parte del personale dovette rinunciare alle vacanze pasquali già programmate, senza che potessi spiegare per chi dovessero farlo, proprio perché non disponevo di risposte alle loro domande. Per tre giorni e due notti avremmo dovuto concentrarci solo su questa priorità assoluta». Ci fu dunque il rendez-vous, l’appuntamento in un luogo convenuto, e a quel punto fu chiaro che la persona da prendere in consegna era Giovanni Brusca, in passato ritenuto un componente di massimo rilievo nella cosca dei Corleonesi e in seguito collaboratore di giustizia, condannato per il coinvolgimento in innumerevoli omicidi tra cui l’assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo e la strage di Capaci, dove persero la vita il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, i tre agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Il ritorno in libertà
Il nome di Brusca in questi giorni è tornato a riempire pagine di giornale, servizi radiotelevisivi e online per il dibattito scatenatosi al suo ritorno in libertà dopo 25 anni di reclusione e 4 di libertà vigilata, per la legislazione premiale sui collaboratori di giustizia voluta proprio da Giovanni Falcone.
«Quando Brusca fu tradotto a un carcere di un’altra regione – specifica Zeloni – ovviamente separato dai familiari, che erano con lui nel Fanese, i miei superiori tirarono un sospiro di sollievo. L’operazione era riuscita in modo perfetto, tutto era andato per il meglio e senza il benché minimo intoppo, anche sotto il profilo della riservatezza. In simili circostanze basta poco, un imprevisto come un incidente stradale oppure un malore, e tutto si complica enormemente. Questa vicenda ha messo a forte prova l’intero ufficio della squadra mobile, che ha dimostrato preparazione e professionalità necessarie ad affrontarla. In quei tre giorni ho raccolto alcune confidenze di Brusca, ricordo che tendeva a ridefinire alcune sue responsabilità e a inserire il suo vissuto nel quadro di un sistema sociale vincolante, senza alternative e senza possibilità di potersi sottrarre».
I riconoscimenti
Durante la Festa della Repubblica, a Urbino, Zeloni è stato insignito per il suo impegno nel sociale del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine del Santo Sepolcro. Circa un mese fa aveva invece ricevuto la medaglia d’argento al Valore Civile, per avere salvato la vita a un uomo, che si era sdraiato sulle rotaie del treno a Pesaro nel 2013. «Un riconoscimento – conclude – che premia la mia passione e la mia affezione al servizio».