Umbria

‘Appalti Lavanolo’: in otto davanti al giudice. Regione Umbria, Asl 1 e Ospedale di Perugia parte civile


di Enzo Beretta 

Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, inadempimento di contratti di pubbliche forniture e turbata libertà degli incanti. Sono questi i reati contestati a vario titolo dalla Procura della Repubblica di Perugia a otto persone coinvolte nell’inchiesta sugli appalti del servizio di lavanoleggio e ricondizionamento di dispositivi tessili e superfici antidecubito delle Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione Umbria. Nell’indagine è coinvolta anche la società Servizi Ospedalieri. La Regione Umbria, (assistita dall’avvocato Anna Rita Gobbo), l’Asl Umbria 1 e l’Azienda Ospedaliera di Perugia (avvocato Francesco Maresca) e Cittadinanzattiva (Sara Pievaioli) questa mattina hanno chiesto di costituirsi parte civile contro Reno Vitali, Emilio Duca, Patrizia Valentinucci, Silvano Mei, Ennio Ruggeri, Cristian Calvi, Fabio Luppino, Fabio Madonnini e la società.

«La Regione Umbria ha subìto un notevole danno all’immagine – si legge nella richiesta della Gobbo per conto della presidente Stefania Proietti – oltre un notevole pregiudizio economico connesso all’erogazione dei finanziamenti di cui al fondo sanitario regionale all’Asl, anche con riferimento ai servizi pubblici di cui ai contratti di appalto». Di «condotte di particolare gravità e disvalore, morale e sociale» parla Cittadinanzattiva, avendo l’inchiesta portato alla luce un vero e proprio modus operandi con cui un dipendente pubblico avrebbe messo ‘stabilmente a disposizione’ di soggetti privati la sua funzione e i suoi poteri». Nel chiedere un risarcimento di 30 mila euro l’avvocato Pievaioli parla di caso che ha «destato l’attenzione di stampa e assunto in Umbria, ampia rilevanza mediatica».

Di corruzione sono accusati Mei (direttore promozione e sviluppo della Servizi ospedalieri), Ruggeri (responsabile della logistica) e Valentinucci (direttore esecutivo del contratto d’appalto ‘lavanolo’). Quest’ultima, accusata di «non aver vigilato in modo efficace sulla corretta esecuzione del contratto d’appalto», di aver «omesso l’invio di formali e tempestive segnalazioni al Rup inierenti alle gravi inadempienze», oltre che aver «svolto attività di ausilio in favore della società aggiudicataria dell’appalto, prodigandosi a trovare soluzioni e impegnandosi in prima persona per non far emergere anomalie», ha ottenuto «l’assunzione del compagno della figlia, promosso a ‘responsabile dell’hub di Foligno’ di Servizi Ospedalieri con contratto a tempo indeterminato», «l’assunzione del figlio di un’amica», sempre a Foligno, «con mansioni di guardarobiere», e la «promessa del trasferimento del figlio presso uno stabilimento di altra azienda, collegata a Servizi ospedalieri, operante nel Frusinate, con contratto a tempo indeterminato». 

Il pm Mario Formisano accusa cinque persone di inadempimento di contratti di pubbliche forniture. I fatti contestati vanno da luglio a dicembre 2020. Tra questi Mei (direttore promozione e sviluppo di Servizi ospedalieri), Ruggieri (responsabile logistica), Luppino (ad e firmatario del contratto ‘lavanolo’) e Calvi (capocommessa) vengono ritenuti responsabili di «non aver adempiuto agli obblighi derivanti dal contratto concluso con Ausl Umbria 1» e di aver fatto «mancare parte delle cose». La Procura, ha riscontrato «gravi criticità e inadempienze nella consegna delle divise per il personale presso le strutture sanitarie Cds Panicale, Dipartimento di Prevenzione e Cds Tavernelle». Ma l’elenco è lungo: si parla di inadempienze e consegne non corrette di divise anche per altre strutture sanitarie tra cui Castiglione del Lago, Cds Trasimeno Nord, Poliambulatorio, Servizio Sert, Servizio Riabilitazione, Cds Passignano, Servizio Cori, Cds San Sisto-Madonna Alta, Cds Ellera, Servizio Conslutoriale, Cds Ponte Felcino, Cds Ponte San Giovanni, Riabilitazione Adulti, Centro Servizi Grocco, Presidio Sanitario di San Sisto, Cds Gubbio e Rsa Marsciano. «Gravi inadempienze e criticità» sono state riscontrate anche nella consegna di biancheria al Centro Salute di Città della Pieve, Casa Salute Città della Pieve, Cds Tavernelle, Centro Dai, Servizio Cori, Castiglione del Lago, Rsa Casa dell’amicizia Seppilli (poi divenuta Rsa Covid) e Residenza Santa Margherita. «Gravi criticità» in merito alla riconsegna della biancheria presso la struttura Hotel Melody (divenuta hotel Covid durante l’emergenza sanitaria. In più «non venivano consegnate le dotazione integrate a Ponte Felcino»; «gravi carenze nelle forniture di materiale» a Pantalla; «ritardi e inadempienze nel ritiro della biancheria sporca» a Todi; «criticità nel servizio di lavaggio e sterilizzazione delle divise del personale» al Pronto soccorso di Umbertide e Centro servizi Grocco. Secondo il pm l’imputata Valentinucci «ometteva volutamente di segnalare le inadempienza al Rup, violando gli obblighi giuridici derivanti dalla posizione rivestita, impedendo ai vertici dell’Ausl Umbria 1 di poter intervenire attivamente». 

L’illecito amministrativo contestato a Servizi Ospedalieri riguarda il «non aver adottato o efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati come quelli che si sono verificati». 

Nel quarto capo di imputazione si leggono le contestazioni mosse a Reno Vitali, «referente e responsabile commerciale della Servizi Associati fino al 2018, nonché presidente del Cda della Decoro Urbano Scarl dal 2011 al 2018», ritenuto responsabile di corruzione per aver procurato a Valentinucci «utilità», «affinché la stessa curasse gli interessi della Servizi associati nella prosecuzione dell’appalto di pulizia e sanificazione, nella sua esecuzione e nella redazione del nuovo capitolato, ponendo in essere anche atti contrari a propri doveri d’ufficio». Secondo il pm sono state fornite «informazioni riservate» a Vitali con cui, Valentinucci, «collaborava alla redazione del progetto dell’impresa per la partecipazione alla gara», «favorendo l’assegnazione e le reiterate proroghe dell’affidamento di servizi di pulizia e sanificazione». Ricevendo «utilità» – ricostruisce il pm – come l’«assunzione del figlio» a tempo indeterminato in una società partecipata al 45% da Servizi Associati (nel 2014) e della figlia in una società cooperativa. La Procura contesta a Vitali e Valentinucci «l’aggravante di aver commesso il fatto per la conclusione di un contratto pubblico». 

Turbata libertà degli incanti è l’ultima ipotesi di reato contestata a Vitali e Valentinucci, oltre che a Duca e Madonnini. Nel primo caso i due «turbavano la procedura di gara centralizzata per l’affidamento del servizio di pulizia, sanificazione e servizi integrati indetta da Umbria Salute Scarl il 17 maggio 2017, successivamente revocata il 27 giugno 2018, con collusioni e mezzi fraudolenti; Valentinucci, infatti, essendo stati assunti i propri figli dalla Servizi associati o da altre società ad essa collegate, predisponeva il capitolato di gara d’intesa con Vitali, effettuando riunioni riservate con lo stesso, aiutandolo anche nella predisposizione della domanda di gara». 

Emilio Duca, invece, già direttore generale dell’azienda ospedaliera di Perugia, e Fabio Madonnini, titolare della ditta Medical Line, «turbavano mediante collusioni e mezzi fraudolenti, la procedura negoziata per la fornitura di un sistema di monitoraggio multiparametrico continuo, indossabile dal paziente da destinare ad alcune strutture complesse aziendali dell’Azienda (pronto soccorso e Obi, medicina interna, medicina interna vascolare d’urgenza, chirurgia generale) indetta con atto deliberativo del direttore generale nell’aprile 2018». 

Gli avvocati che prendono parte all’udienza preliminare, davanti al giudice Angela Avila, sono Luciano Ghirga, Cristian Brutti, Francesco Maria Falcinelli, Simone Manna, Carlo Di Casola, Giorgio beni, Giuseppe Caforio, Matteo Policastri, Elisa Scaroina e Vincenzo Maccarone.

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