Condannato per sequestro: l’operaio di Luzzi che segregò l’ex compagna
A Cosenza, l’operaio di Luzzi condannato per sequestro e atti persecutori contro l’ex, ora indagato anche per sfruttamento della prostituzione.
COSENZA – Aveva rapito l’ex compagna segregandola in un sottotetto, che aveva reso inaccessibile a terzi, privandola del cellulare e di qualsiasi contatto con l’esterno. I carabinieri avevano trovato la donna, ancora terrorizzata e in lacrime, dopo aver fatto irruzione, il 7 gennaio scorso, nell’appartamento di Lido Gianni Gioia, operaio di 55 anni di Luzzi. La disavventura di A. C. (queste le iniziali della vittima), 30 anni, di origine polacca, si era conclusa nel giro di poche ore con l’arresto in flagranza dell’uomo, attualmente detenuto nel carcere di Cosenza. Gioia, all’esito del processo con rito abbreviato, è stato condannato dal gup del Tribunale di Cosenza, Claudia Pingitore, a due anni e sei mesi di reclusione per sequestro di persona e atti persecutori, oltre al pagamento delle spese processuali in favore dell’ex compagna, costituita parte civile e difesa dall’avvocato Elvira Covello.
L’imputato aveva ottenuto l’ammissione al rito abbreviato, sebbene la Procura avesse richiesto per lui il giudizio immediato, in considerazione della ritenuta evidenza delle prove.
L’OPERAIO DI LUZZI CONDANNATO PER SEQUESTRO E ORA NUOVE ACCUSE
La pubblica accusa, rappresentata in udienza dal pubblico ministero Maria Ludovica Blasi, aveva chiesto la condanna a sette anni di reclusione, richiesta alla quale si era associata la parte civile. Il deposito delle motivazioni della sentenza è riservato in 60 giorni. Ma non è tutto. Perché la giovane donna, che aveva raccontato agli inquirenti di aver subìto da parte dell’ex una lunga serie di vessazioni e minacce di morte, ha trovato il coraggio denunciarlo anche per sfruttamento della prostituzione. Secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dal pm Mariangela Farro, l’uomo, approfittando delle condizioni di vulnerabilità e inferiorità psichica della ragazza, l’avrebbe costretta a prestazioni sessuali contro la sua volontà.
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Nello specifico, l’avrebbe minacciata con una pistola, pronunciando frasi come “Se non mi porti i soldi ti sparo”, e anche usandole violenza fisica, ad esempio bloccandola a terra con le ginocchia sui fianchi; al primo accenno di ribellione o rifiuto, l’avrebbe, inoltre, segregata in un stanza della casa, negandole il cibo e somministrando alcol e pillole per stordirla. La donna veniva, poi, fatta prostituire attraverso annunci pubblicati su siti internet e accompagnata agli incontri con i clienti, che avvenivano prevalentemente tra Montalto e Luzzi. Alla luce di quanto ricostruito, la Procura di Cosenza ha notificato a Gioia l’avviso di conclusione delle indagini preliminari per sfruttamento della prostituzione aggravato cui seguirà, quasi certamente, la richiesta di rinvio a giudizio.
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