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Luca Argentero: «Ho smesso di fumare perché vorrei campare il più possibile per occuparmi di mia moglie e dei miei figli. Belve? Non andrei mai in un posto dove cercano di metterti in difficoltà. Quella di Michele Morrone è stata una sboronata»

Luca Argentero è certo di due cose: che non si diletterà mai alla regia e che non sarà mai ospite di Belve. Lo dichiara durante l’incontro tenutosi nel corso della seconda edizione di ON AIR, il Festival dedicato a Serie TV e Cinema ideato e diretto da Simona Gobbi e realizzato in sinergia con la Fondazione Federico II, a Palermo. «Non andrei mai in un posto dove cercano di metterti in difficoltà per definizione. Se, per 47 anni, non ho mai raccontato le mie belvate non credo di poterlo fare adesso», scherza Argentero nella suggestiva cornice del Palazzo dei Normanni nel cuore della città, commentando anche la recente performance del collega Michele Morrone proprio nel programma di Francesca Fagnani. «Penso che Michele abbia delle grandissime potenzialità e che abbia davanti a sé una carriera brillantissima, soprattutto internazionale. Sparare a zero sulle capacità dei colleghi italiani mi è sembrata, però, una sboronata da Belve. Io, per dire, non saprei mai dire se sono più o meno bravo di qualcun altro: dovrebbero dirlo il pubblico, i critici o gli addetti ai lavori. Michele, con cui ho lavorato in Sirene, voleva a tutti i costi arrivare ma forse, alla fine, il successo gli ha un po’ dato alla testa». Spazio, però, anche a una riflessione sullo scontro tra il collega Elio Germano e il Ministro della Cultura Alessandro Giuli in merito a un dialogo costruttivo per risollevare le sorti del cinema italiano: «Penso che si siano dovuti alzare i toni per provare a raggiungere il sacrosanto obiettivo di sedersi e parlare: se sei un ministro devi sentire quello che i diversi settori hanno da dire. Detto questo, da torinese, penso che Elio abbia scelto delle parole non appropriatissime per un momento di festa: il risultato è stato, però, quello di essere ascoltato e di accendere una luce sulla questione, un obiettivo chiaro e legittimo. Si poteva, forse, però fare meglio».

Luca Argentero e il giornalista Mario Manca

Luca Argentero e il giornalista Mario MancaSimona Mazzara

Parlando invece della sua vita: «In questo periodo sono all’apice di una felicità che definirei cristallina: ho una moglie meravigliosa, due bambini fantastici e lavoro in modo continuativo su cose che mi piacciono: è proprio un bellissimo momento», aggiunge Luca Argentero, che ammette che da ragazzino era pronto a lasciarsi aperte tutte le possibilità del mondo, certo che non avrebbe mai voluto fare «qualcosa di monotono». «Non mi sarei mai visto con l’abito, la giacca, la cravatta, il computer e l’ufficio: da ragazzo non sapevo dove sarei arrivato ma di sicuro ero certo di cosa non volevo diventare. Infatti, alla fine, ho scelto il mestiere più lontano da qualsiasi idea di stabilità e routine: ho sempre creduto che se desideri fortemente qualcosa, quella stessa cosa ti porterà in quella direzione. All’inizio ero piuttosto pudico nel definirmi un attore: sulla carta d’identità, alla voce professione, c’era scritto libero professionista anche se, dopo il film Solo un padre di Luca Lucini del 2008, il primo retto completamente sulle mie spalle, ho trovato il coraggio di definirmi attore». Nonostante sia difficile da credere, a ON AIR Luca Argentero spiega che, durante l’adolescenza, voleva essere visto dalle ragazze anche se, all’inizio, gli risultava parecchio difficile: «Le cose sono cambiate dopo l’estate dei 16 anni: è venuto fuori qualche muscolo e, improvvisamente, tutte mi guardavano. La visibilità, però, non mi è mai interessata. Non ero il giullare della classe e non ero neanche il capoclasse: ero uno che faceva parte del gruppo, benvoluto ma non certo un riferimento per i miei compagni». Per autocritica, però, Argentero si definisce un «buon essere umano»: «Mi sono sempre sentito empatico perché ho sempre avuto a cuore il benessere del mio compagno di banco, del mio vicino di casa o della persona a fianco a me. È una cosa che spesso mi viene riconosciuta senza che io me ne accorga, e mi fa incredibilmente piacere».

Luca Argentero «Ho smesso di fumare perch vorrei campare il più possibile per occuparmi di mia moglie e dei miei figli....

Simona Mazzara

Forte dei vent’anni di carriera che festeggia proprio nel 2025, Luca Argentero spiega di non aver mai corso il rischio di montarsi la testa, neanche dopo il successo di DOC: «I miei amici di sempre, gli stessi dell’università e che non fanno questo lavoro, sono persone estremamente pragmatiche, torinesi: se mi fossi montato la testa me l’avrebbero fatto notare da tempo così come la mia famiglia e, per fortuna, se non è successo a 47 anni, non credo che succederà più. Non vivo più l’ubriacatura della popolarità: non faccio il mio mestiere per l’ego». Il suo augurio, però, è che il teatro venga sempre più coltivato nelle scuole perché «la società sarebbe un posto migliore se tutti noi facessimo costantemente l’esercizio di metterci nei panni di qualcun altro». «A questo punto della carriera penso di poter dire che non c’è un limite o un punto di arrivo: a questo gioco si può giocare all’infinito, anche se negli anni è sempre più complesso trovare degli stimoli che ti aiutino ad arrivare sul set con la giusta vibrazione, la giusta paura e il giusto senso d’avventura. Ultimamente l’ho sentito un po’ meno, ma i progetti entusiasmanti che mi sono arrivati quest’anno mi hanno riacceso una passione un po’ sopita».

Luca Argentero «Ho smesso di fumare perch vorrei campare il più possibile per occuparmi di mia moglie e dei miei figli....

Simona Mazzara

Sul valore della vulnerabilità, invece: «Sono molto cambiato da genitore rispetto a come ero prima: alcune nuove paure si sono affacciate rispetto a quando ero un giovane scapestrato in giro per il mondo. Oggi ho una responsabilità diversa: ho smesso di fumare – fare qualcosa che nuoce a me stesso – perché spero di campare più tempo possibile per occuparmi delle mie creature: mi voglio proteggere per loro. Stiamo vivendo un momento veramente confuso della nostra esistenza ma, quando mi chiedono perché non parlo, la risposta è che sono confuso e non so cosa dire. Siamo più vulnerabili, più fragili e più condizionabili, e questo ci rende automaticamente più governabili. Sono diventato più egoista di prima, nel senso che da 14 anni porto avanti un lavoro per il sociale che mi fa stare bene. Poter migliorare il mondo vicino a me e diffondere la cultura è un dono, e donare è un’attività estremamente corroborante per sé stessi».


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