Delitto di Garlasco, la difesa all’attacco con una nuova consulenza sulle impronte
Una rilettura scientifica di tutti i reperti che sono a disposizione. “Vorremmo fare una rivisitazione, a livello scientifico, di tutto. Anche delle impronte dei piedi”, trovate all’epoca sulla scena del crimine, “come quella parziale del numero 36/37, che si ritiene femminile, in quanto pensiamo che con le nuove tecniche si possa arrivare a un esito” dice l’avvocato Antonio De Rensis. L’impronta di cui parla il legale era stata già rilanciata dalla difesa nel lontano 2009, ma da una rilettura degli atti sembra che non sia mai stato tema di discussione. Un argomento che rientrerà, probabilmente, nella consulenza che sarà depositata lunedì per sostenere che nell’impronta 33 è possibile individuare materiale biologico.
L’incidente probatorio – L’appuntamento con l’inizio dell’incidente probatorio e gli esami scientifici – con tutte le parti presenti – è già stato fissato al 17 giugno come ordinato dalla giudice per le indagini preliminari, Daniela Garlaschelli. Incidente probatorio autorizzato per stabilire l’utilizzabilità del profilo genetico “estratto dal materiale biologico trovato sulle unghie della vittima e alla sua compatibilità con il profilo genetico riconducibile” ad Andrea Sempio, il 37enne amico del fratello di Chiara “indagato in concorso con ignoti e con Stasi per omicidio”. Utilizzabilità segnalata da una consulenza della difesa di Stasi, poi confermata dal genetista che si occupò del caso di Yara, Carlo Previderè, nominato dalla Procura di Pavia. Ci vorranno ufficialmente almeno tre mesi per il deposito dei risultati ufficiali. La giudice ha nominato i suoi esperti nominati: sono entrambi della Polizia scientifica di Milano, sono la commissario capo Denise Albani e il sovrintendente tecnico dattiloscopista, Domenico Marchigiani. Sotto la lente gli oggetti mai analizzati trovati nella spazzatura, tra cui la confezione di uno yogurt, una scatola di biscotti e un brick del tè, usati per la colazione del 13 agosto 2007.
L’intonaco dell’impronta 33 – Non fa parte degli accertamenti disposti dal giudice l’impronta 33 – attribuita a Sempio nei giorni scorsi e data come la firma dell’assassino nel 2020 dai carabinieri di Milano – perché non c’è una analisi genetica da fare. Inoltre l’impronta – con l’intonaco tagliato con bisturi e che appariva rossastra per l’uso di un reagente chimico – probabilmente non è a disposizione. A quanto riporta l’Ansa viene cercato nei laboratori e negli archivi giudiziari l’involucro in cui dovrebbe essere stato conservato l’intonaco grattato 18 anni fa dal muro delle scale della villetta di Garlasco.
Al momento quindi gli inquirenti hanno a disposizione immagini. Tra l’altro secondo la ricostruzione – agli atti dei processi che hanno portato alla condanna di Alberto Stasi – l’assassino dopo aver colpito la vittima, lanciò il corpo dalle scale senza scendere le scale della taverna dove è stata trovata l’impronta attribuita al 37enne. In merito al reperto dell’intonaco, probabilmente è andato distrutto in quanto c’è una sentenza passata in giudicato, e qualora venisse ritrovato, al fine di poter estrapolare Dna, sarà fondamentale lo stato di conservazione. Non è così per la difesa di Stasi, che lunedì depositerà una consulenza per sostenere che nell’impronta 33 è possibile individuare materiale biologico.
L’impronta 10 – Resta l’impronta 10 lasciata sulla porta di casa Poggi. Secondo la procedura di esaltazione utilizzata il 17 agosto 2007 e la relativa fotografia, sottolineavano già i carabinieri di Milano in una relazione del 2020, quel “contatto papillare” poteva essere stato generato da “una mano ‘sporca’”. Eppure, rimarcavano gli stessi militari, all’epoca dell’omicidio non venne fatta “alcuna indagine biologica mirata” per accertare che quella traccia, ritenuta priva di utilità secondo il rapporto del Ris del 2007, fosse o meno stata lasciata da una mano sporca di sangue. Una analisi dirimente secondo i carabinieri che, nella relazione del 2020, scrivevano che “se l’impronta numero 10 dovesse risultare essere sangue, sarebbe stata lasciata ovviamente dall’aggressore nell’atto dell’allontanamento dalla scena del crimine”.
La traccia, però, evidenziavano i militari già all’epoca, aveva solo otto punti utili, e non i 16 necessari per una comparazione, quindi “non ha una utilità giuridica”(anche l’impronta 33 ha 15 minuzie, quindi insufficienti per giurisprudenza a diventare una prova, ndr). Tuttavia, analizzandola, si può “escludere che quella impronta sia di X o Y”: se una persona non possiede quegli 8 punti in nessuna delle due mani, “non è certamente colui che ha generato quell’impronta”, spiegavano ancora. Per poi concludere: “L’eventuale comparazione positiva di questo contatto 10 (se fosse generato da sangue) con quello di Alberto Stasi potrebbe fornire un ulteriore indizio a suo carico. Di contro una eventuale esclusione di appartenenza di quel contatto a Stasi porterebbe a far considerare la presenza di almeno un altro soggetto durante l’omicidio”.
L’arma del delitto – Le attività investigative stanno anche cercando di capire con quale oggetto sia stata colpita la ragazza, andando a riesaminare le molte ferite sulla testa e sul volto (nelle motivazioni delle sentenze si parla di un martello, ma l’arma no è stata mai compiutamente identificata). C’è attesa per gli esiti delle comparazioni degli attrezzi ritrovati nel canale di Tromello (Pavia) nei pressi della casa di una nonna delle sorelle Paola e Stefania Cappa. Un presunto super testimone ha raccontato di aver appreso da una persona morta, alla presenza di un’altra persona morta, che era stata vista Stefania Cappa arriva con un borsone pesante, come se portasse degli oggetti. Sarebbe stato poi udito un tonfo nel canale. Le due cugine della vittima non sono indagate e non lo sono mai state. Si ricostruirà la dinamica dell’aggressione attraverso la Pba, ossia le analisi delle moltissime tracce ematiche repertate sulla scena del crimine.
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