Veneto

Omicidio Liliana Resinovich, un preparatore anatomico sulla frattura: “Forse sono stato io

Nuovi elementi scuotono l’inchiesta sulla morte di Liliana Resinovich. Oggi un preparatore anatomico fornisce una sua parte di verità sui fatti confessando, molto onestamente, una sua possibile responsabilità sulla frattura vertebrale riscontrata sul corpo della povera donna, proprio l’elemento che più degli altri ha orientato l’ultimo corso delle indagini dichiarando che si è trattato di un omicidio.

Si tratta di un tecnico dell’autopsia effettuata sul corpo della 63enne. L’operatore ha rivelato agli inquirenti che potrebbe essere stato lui, inavvertitamente, a provocare la frattura vertebrale rilevata durante gli accertamenti medici. Una dichiarazione che rischia di rimettere in discussione mesi di perizie e di alimentare ulteriori interrogativi su una vicenda che continua a tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica.

L’uomo, un giovane professionista triestino specializzato in assistenza agli esami autoptici, si è presentato spontaneamente nei giorni scorsi agli investigatori. Durante il colloquio, avrebbe descritto una manovra effettuata sul cadavere di Liliana l’11 gennaio 2022, nel corso dell’esame autoptico svolto nella sala anatomica dell’obitorio di via Costalunga, che potrebbe aver causato la lesione alla faccetta superiore sinistra della vertebra toracica T2. La frattura era stata rilevata solo durante la seconda autopsia, eseguita dalla nota antropologa forense Cristina Cattaneo, e non risultava visibile nella Tac effettuata due giorni prima, l’8 gennaio.

Una circostanza che ora potrebbe riaccendere il confronto tra i consulenti tecnici di parte, già aspramente divisi sull’interpretazione di quella lesione. Secondo Raffaele Barisani, medico legale incaricato dalla difesa di Sebastiano Visintin, marito di Liliana e unico indagato per la sua morte, la frattura potrebbe essere stata causata dopo il ritrovamento del corpo. Di tutt’altro avviso il professor Vittorio Fineschi, consulente della famiglia Resinovich, secondo cui la lesione sarebbe compatibile con un’azione violenta subita dalla donna quando era ancora in vita, come indicato anche dalla perizia della dottoressa Cattaneo, che ha parlato apertamente di omicidio per soffocamento esterno.

La dichiarazione del preparatore anatomico, che sarà ascoltato nei prossimi giorni in procura dal pubblico ministero Ilaria Iozzi, introduce un nuovo potenziale scenario, gettando ombre sull’attendibilità di uno degli elementi finora considerati centrali per stabilire le modalità della morte di Liliana. Resta tuttavia il fatto che, come sottolineato dagli esperti, la frattura in questione non rappresenta di per sé una prova definitiva per escludere o confermare la tesi dell’omicidio per soffocamento.

Intanto, l’inchiesta prosegue anche su altri fronti. A partire dal 9 maggio, inizieranno le nuove analisi forensi sui due telefoni cellulari appartenuti a Liliana. La procura ha incaricato Nicola Chemello, già coinvolto negli accertamenti tecnici di tre anni fa. Grazie a strumenti più avanzati, la nuova perizia informatica potrebbe recuperare messaggi, dati e cronologie risalenti anche a mesi o anni prima della morte, potenzialmente cruciali per comprendere meglio gli ultimi momenti di vita della donna. Anche le parti coinvolte nell’indagine parteciperanno con propri consulenti agli esami.

Sempre il 9 maggio è attesa una prima udienza processuale a carico di Sebastiano Visintin, questa volta per una querela di diffamazione. L’uomo è accusato di aver formulato pubblicamente, in alcune trasmissioni televisive, gravi insinuazioni contro i vicini di casa Gabriella Micheli e Salvatore Nasti, ipotizzando un loro coinvolgimento nel caso.

La morte di Liliana Resinovich continua così a essere avvolta dal mistero. Ogni elemento, ogni dichiarazione, ogni accertamento apre scenari nuovi, aggiungendo tasselli a un mosaico investigativo ancora incompleto. Ma anche oggi, come nel gennaio 2022, resta una sola certezza: Liliana è stata uccisa.


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