Tlon: «L’educazione sessuo-affettiva è crescita collettiva»
Questo articolo sull’educazione sessuo-affettiva è pubblicato sul numero 20 di Vanity Fair in edicola fino al 13 aprile 2025
Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha appena presentato un nuovo disegno di legge, ora al vaglio del Parlamento, sul consenso informato in ambito scolastico. Ciò che sta facendo discutere, in particolare, è il fatto che per ogni attività legata all’educazione sessuo-affettiva sarà necessario un consenso scritto da parte dei genitori, come richiesto dai movimenti pro-vita.
Si tratta di una richiesta che, di fatto, serve per impedire che a ragazze e ragazzi si parli di quelli che il ministro ha definito «temi valoriali sensibili», cioè questioni legate al corpo, al genere, alla sessualità, alle relazioni.
Da molto tempo, chi osteggia l’idea di educazione sessuo-affettiva a scuola sostiene infatti che questi temi siano da discutere in famiglia, e che non sia giusto che un adolescente debba essere esposto a delle idee diverse da quelle trasmesse dai suoi genitori. Questa idea, però, parte da un presupposto sbagliato: un percorso di educazione alle emozioni, ai sentimenti e alle relazioni davvero efficace non ha niente a che vedere con l’indottrinamento. A funzionare – secondo gli studi scientifici e i test di efficacia – non sono le lezioni frontali e la trasmissione di informazioni, ma dei percorsi che accompagnano la persona a scoprire sé stessa, i propri desideri, le proprie inclinazioni, e a sviluppare ciò che lo psicologo Albert Bandura chiamava «autoefficacia». Si tratta del modello di educazione sessuale comprensiva, che si adatta all’età dei destinatari e non censura affatto le loro diversità culturali, religiose, morali.
Ecco perché nel 2009 l’Unesco ha promosso questa pratica educativa nella International technical guidance on sexuality education, che ha definito un processo che integra gli aspetti cognitivi, emotivi, fisici e sociali della sessualità, allo scopo di consentire alla persona di realizzarsi. Chi pensa di entrare in classe e dire a ragazzi e ragazze cosa sia giusto e cosa sbagliato, cosa devono o non devono fare, dunque, non sta facendo niente di efficace. Ma non è quello, appunto, il modo in cui le linee guida ci dicono che bisognerebbe fare educazione sentimentale.
C’è un altro punto, però, da considerare: dietro il bisogno di consenso informato obbligatorio si nasconde – e neanche troppo bene – un enorme bisogno di controllo da parte dei genitori su pensieri, desideri e scelte dei propri figli. Eppure dovremmo ricordare che fiorire significa esplorare la molteplicità dei modi di stare al mondo, riconoscere che si è nati in una famiglia ma si è anche individui, e come genitori dovremmo ricordarci che la scoperta di sé ha bisogno di altre figure adulte di riferimento e – specie durante l’adolescenza – di conflitto.
Impedire questa esplorazione significa negare fiducia nelle capacità degli adolescenti di scoprire sé stessi. L’educazione sessuo-affettiva – se praticata come ci indicano gli esperti – non rappresenta una minaccia per la famiglia, ma al contrario potrebbe essere una possibilità di crescita collettiva.
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