Roveda: “L’era della fusione nucleare è cominciata”
“L’era della fusione nucleare è cominciata”. Ne è convinta Milena Roveda, presidente dell’associazione europea per la fusione e ceo di Gauss Fusion, l’azienda che punta a costruire nel giro di 20 anni i primi impianti da 1 GW basati su fusione a confinamento magnetico. La tecnologia che promette di riprodurre sulla Terra il processo che alimenta il sole: la fusione di nuclei leggeri (deuterio e trizio) per formare nuclei più pesanti (elio), liberando energia pulita in enormi quantità.
Fondata nel 2022, l’azienda è a capitale europeo, frutto dell’alleanza tra 5 imprese private: Malacalza–Asg Superconductors tramite Hofima (Italia), Bruker Eas e Ri Research Instruments (Germania), Idom (Spagna) e Alsymex–Alcen (Francia). Il progetto è supportato da alcuni dei più prestigiosi istituti di ricerca europei come Cern, Enea, Max Planck Institute for Plasma Physics, Karlsruhe Institute of Technology, Eindhoven University of Technology, Technische Universität München e Differ.
“Oggi abbiamo 2 sedi, a Monaco di Baviera e nei pressi di Bordeaux. Entro l’anno apriremo anche in Italia, probabilmente in Friuli-Venezia Giulia, dove abbiamo già incontrato il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga. I prossimi mesi saranno decisivi per finalizzare la struttura operativa sul territorio”, annuncia Roveda. “Nel frattempo, circa il 30% dei nostri 40 dipendenti è già italiano”.
A che punto siamo con la fusione nucleare?
“I tempi dipendono dalla disponibilità di fondi: come si dice in questi casi, time is money. Ma non credo che la fusione sia ‘a portata di mano’”.
Intanto, la Cina accelera, l’America insegue. E l’Europa, come si colloca nella corsa alla fusione?
“Abbiamo tutte le competenze: superconduttori, materiali avanzati, ingegneria di sistema. Ma l’Europa deve agire ora, con decisione e coesione. La Cina investe 1,5 miliardi di dollari l’anno, gli Stati Uniti contano su un ecosistema di venture capital molto dinamico. L’Europa, invece, deve superare le divisioni interne e puntare su una politica energetica comune orientata su innovazione e sovranità tecnologica. L’ha scritto anche Mario Draghi nel rapporto sul futuro della competitività europea. Purtroppo, fino ad oggi, le sue raccomandazioni sono state lettera morta”.
La fusione nucleare può cambiare la geopolitica mondiale?
“Sì, perché la fusione è una soluzione strategica per l’energia pulita e può rafforzare la resilienza economica e sociale dell’Europa. Il recente blocco cinese sulle terre rare ha mostrato quanto siamo vulnerabili. A differenza delle rinnovabili tradizionali, la fusione non dipende da terre rare. In più: è sicura, inesauribile ed evita la produzione di scorie radioattive. Per questo, è fondamentale che l’Europa scelga di essere protagonista e non spettatrice in questa sfida strategica globale”.
Quando sarà realizzata la prima centrale di Gauss Fusion?
“Il nostro approccio è pragmatico: con le risorse attuali, puntiamo a completare la prima centrale a fusione entro i primi anni del 2040, contribuendo all’indipendenza energetica europea”.

Qual è la roadmap?
“È in 4 fasi. Ora siamo alla fase 1, il design concettuale (fino al 2025): abbiamo scelto il tipo di macchina (Stellarator) e stiamo definendo l’architettura tecnica. Poi verranno: l’ingegnerizzazione (2026–2032), la costruzione (2031–2038) e il commissioning (2037–2044). Stiamo anche mappando i siti ideali: oltre 1.000 luoghi valutati, con focus su 150 cluster industriali strategici. La selezione finale è prevista entro il 2027 sulla base di analisi tecniche, ambientali e infrastrutturali. L’indagine riguarderà anche siti italiani”.
Perché puntate sui reattori Stellarator invece di seguire la strada dei Tokamak, come fa Iter in Francia?
“Dopo un confronto di 5 mesi, abbiamo scelto gli Stellarator perché sono oggi la tecnologia più matura e affidabile per l’industria su larga scala. Offrono vantaggi in termini di costi, collaborazione industriale, accettazione pubblica e generazione di proprietà intellettuale. Inoltre, il campo di sviluppo industriale per gli Stellarator è ancora poco popolato rispetto ai Tokamak dove la concorrenza è già molto densa. Questo crea spazio per leadership tecnologica europea e opportunità per proteggere know-how e brevetti”.
Di quanti investimenti (pubblici e privati) avrebbe bisogno Gauss Fusion per accelerare il suo progetto paneuropeo?
“Una centrale industriale a fusione costa tra 15 e 20 miliardi di euro, distribuiti su un periodo di circa 18 anni, dalla fase concettuale fino all’entrata in funzione. Finora abbiamo raccolto 30 milioni tra fondi pubblici e privati. Ora siamo impegnati in una nuova fase di raccolta, rivolta a investitori strategici, anche italiani, per accelerare la roadmap. In termini di posizionamento, ci collochiamo nella seconda metà di un round double digit”.
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