«Il decreto salva-suicidi? Non funziona»
SERRA SAN QUIRICO «Credevo di poterne uscire, ma non è così. Altro che decreto salva suicidi: noi imprenditori veniamo spinti ad ammazzarci». Non ha più lacrime, tra la rabbia e la delusione, l’imprenditrice Carmela Lauria, residente a Serra San Quirico e titolare di un centro estetico a Moie di Maiolati. Carmela anni fa aveva aperto la sua attività all’interno del centro commerciale Oceano insieme al marito Eraldo, che però improvvisamente è mancato, lasciandola sola con un figlio piccolo e tanti debiti. Debiti che si sono accumulati fino a sfiorare i 300mila euro. Poi c’è stato il Covid, che le ha portato via anche il padre, punto di riferimento e un aiuto in tutto.
La decisione
«Con la pandemia ho dovuto prendere la decisione di chiudere l’attività – ci spiega Carmela – poi, ho cercato un altro posto per ricominciare, a costi più sostenibili, essendo il mio lavoro l’unico sostentamento per mio figlio». Carmela è giovane, in gamba, partita Iva dal 1997 e ha una grande professionalità nel settore dell’estetica: ben presto trova un locale più piccolo a Moie dove riapre il suo centro estetico, che va a gonfie vele. C’è tanta gente che le vuole bene, i clienti la seguono e si affidano a lei. «Sono sempre stata forte – ammette – ma nel frattempo avevo i creditori che pressavano. Così insieme alla commercialista e al mio avvocato abbiamo deciso di ricorrere al “Decreto Salva Suicidi” che aiuta gli imprenditori a ridurre o cancellare debiti divenuti insostenibili, come il mio. Ma non è stato così e ora non ho più nulla».
La disperazione
Carmela è disperata. «La procedura di concordato minore in continuità – spiega l’avvocato Beatrice Spitoni, del foro di Perugia – è stata istituita per permettere di presentare una proposta di accordo con i creditori per la ristrutturazione dei debiti mediante i proventi dell’attività imprenditoriale del debitore, laddove florida e in costante crescita nonostante le pregresse difficoltà, come nel caso di Carmela che lavora alacremente e ha molti clienti. La procedura prevede la nomina di un organismo di composizione della crisi (Occ), che aiuta a trovare un piano di rientro sostenibile. In primo grado il piano di risanamento per Carmela è stato inizialmente ritenuto idoneo ad aprire la procedura dal Tribunale di Ancona, che ha concesso una misura di protezione sospendendo l’esecuzione immobiliare e salvaguardando la casa dove vive insieme al figlio 16enne. Secondo il piano di rientro – aggiunge l’avvocato – Carmela aveva 7 anni e mezzo per coprire parzialmente i debiti, compreso quello del creditore ipotecario, che aveva già avviato il pignoramento. Ma anche gli altri creditori pubblici (Inps e Ade) hanno dato voto negativo al piano, che è stato quindi bocciato anche in appello, negando ogni possibilità all’imprenditrice, la cui situazione si è paradossalmente aggravata». «Ciò che mi addolora di più è aver perso la casa dove mio figlio è nato e dove ci sono tutti i ricordi di suo padre – conclude Carmela Lauria – una casa dove stavo da 25 anni. Chi me l’ha portata via ha calpestato le nostre vite».