Papa chiamato quasi dalla fine del mondo- Vipiù

Stamattina alle ore 7.35, come comunicato dal card. Kevin Farrell, papa Francesco ha chiuso gli occhi su questa terra per aprirli al cielo. Il papa arrivato “quasi dalla fine del mondo” ha concluso la sua missione. Questa, come ha ricordato lui stesso, nella visita alla cittadella della pace di Loppiano (18 maggio 2018), è possibile sintetizzarla in tre parole chiave: misericordia, parresia e hypomoné. Il coraggio e la sincerità nel dare testimonianza della verità insieme alla fiducia in Dio (parresia), con perseveranza e pazienza anche di fronte alle avversità (hypomoné), tutto nel segno della misericordia.
Questa come scrive egli stesso nella bolla Misericordiae vultus (con la quale ha promulgato l’anno santo straordinario della misericordia) è «Gesù Cristo, il volto della Misericordia del Padre e sintesi della fede cristiana» (cf. MiV 1). Essa, afferma ancora, «è fonte di gioia, di serenità e di pace. È condizione della nostra salvezza. Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto ultimo e supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra nel cammino della vita. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato» (MiV 2).
La misericordia è dunque l’identità più profonda di Dio, è ciò che lo definisce ontologicamente ed è proprio a partire dalla misericordia che va letto il magistero di papa Francesco, a cominciare dalla sua prima lettera enciclica totalmente sua la Laudato sii. Attraverso questa sua lettera, non solo ricorda all’uomo il mandato che questi ha ricevuto da Dio fin dalla creazione di mondo e cioè di custodire e far crescere il creato che Dio gli ha affidato a conclusione della creazione (cf. Gen 1.26). ma chiede un cambiamento di rotta radicale di fronte al porsi dell’uomo d’oggi, un cambiamento affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per “la cura della casa comune”. Impegno che include anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i poveri, l’accesso equo, per tutti, alle risorse del Pianeta.
Papa Francesco con il suo modo di fare e di essere continuava “a provocare” il mondo, il quale seguendo l’ordine del mercato porta l’uomo a pensare a unicamente a se stesso, rinchiudendosi in se stesso e non avendo più uno sguardo verso l’altro, venendo meno ad una caratteristica dell’amore, il sapersi fare prossimo.
Per questo attraverso Fratelli tutti, comunica al mondo il suo grande anelito: «Desidero tanto che, in questo tempo che ci è dato di vivere, riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far rinascere tra tutti un’aspirazione mondiale alla fraternità. Tra tutti: “Ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme! […] Da soli si rischia di avere dei miraggi, per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme”.
Sogniamo come un’unica umanità, come viandanti fatti della stessa carne umana, come figli di questa stessa terra che ospita tutti noi, ciascuno con la ricchezza della sua fede o delle sue convinzioni, ciascuno con la propria voce, tutti fratelli!» (Fratelli tutti, 8).
Questa sua utopia è fondata sul Cuore di Cristo, come rivela nell’ultima sua lettera enciclica, che oggi possiamo considerare come una sorta di suo testamento spirituale, la Dilexit nos. In questa lettera dopo aver constato che oggi «Manca il cuore» (Dilexit nos 9) esorta a guardare al Cuore di Cristo, perché «lì è l’origine della nostra fede, la sorgente che mantiene vive le convinzioni cristiane» (Ibid 32). E proprio guardando a Cristo il quale alle parole aggiungeva dei gesti ha esortato la chiesa e i cristiani ad “uscire da se stessa” per andare incontro agli altri, cercando di aiutarli a partire dalle loro difficoltà. Ecco spiegato il suo continuo stare tra la gente, perché voleva rendersi conto personalmente delle difficoltà che essa aveva e indicare poi possibili linee guida.
Certamente il pontificato di papa Francesco, come ogni pontificato, ha generato divisioni, qualcuno lo avrà accettato altri no, ma proprio queste divergenze sono garanzia di autenticità di un ministero svolto alla luce della Parola di Dio, di cercare di piacere a Dio e non agli uomini: «Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo, infatti, agivano i loro padri con i falsi profeti» (Lc 6,26).
P. Gino Alberto Faccioli
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