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“New York affonda”: l’allerta che scuote la Grande Mela


Manhattan (Fonte: X/City of New York)
Manhattan (Fonte: X/City of New York)

New York City come Venezia. Questa è la previsione che ripetono da tempo gli esperti secondo i quali tra un’ottantina di anni Manhattan potrebbe assomigliare alla città sulla laguna. Diverse le cause del disastro annunciato tra cui l’innalzamento del livello dei mari conseguenza dello scioglimento dei ghiacciai e le alluvioni sempre più frequenti. Ai fattori più o meno naturali si aggiunge persino l’impatto determinato dal peso della sterminata distesa di grattacieli che svettano nella Grande Mela. Risultato: la metropoli Usa si abbassa di circa 2 millimetri ogni anno e la catastrofe potrebbe essere dietro l’angolo.

La minaccia che incombe sulla città dalle mille luci potrebbe infatti essere ancora più imminente. Stando a quanto appena riportato dal New York Times che cita un rapporto della Regional Plan Association, un’organizzazione civica non profit, entro 15 anni oltre 80mila abitazioni nei sobborghi orientali di New York, a Staten Island e in una parte del Queens potrebbero finire sott’acqua come risultato delle inondazioni. Un’allerta che potrebbe riguardare almeno 100mila newyorkesi che risiedono in aree costiere basse.

Il documento, pubblicato ad inizio aprile, sostiene che ampie porzioni di terreno in ogni distretto diventerebbero impossibili da edificare. Si andrebbe così ad aggravare il problema della carenza di alloggi che affligge New York e che ha raggiunto un livello di criticità mai così elevata da mezzo secolo a questa parte. “I dati sono chiari: la domanda di abitazioni nella nostra città supera di gran lunga la nostra capacità di costruire alloggi”, ha dichiarato l’anno scorso il sindaco Eric Adams che si è battuto a favore dell’edificazione di decine di migliaia di nuove case nel prossimo decennio.

Moses Gates, autore del rapporto della Regional Plan Association, ha affermato che “sarà necessario costruire più alloggi solo per sostituire quelli persi nel proprio comune”. Per Amy Chester di Rebuild by Design, un’organizzazione non profit che si occupa di rendere le infrastrutture più adatte a reggere le conseguenze dei cambiamenti climatici, “prima decidiamo come città di investire in misure di resilienza per aiutare i quartieri ad adattarsi, sia rafforzandoli che trasferendoli, prima eviteremo di lasciare una crisi ancora più grande alla prossima generazione”.

Ad oltre 10 anni dall’uragano Sandy che nel 2012 ha devastato New York allagando in particolare la costa orientale di Staten Island, la metropoli è impegnata nella realizzazione di diverse misure di mitigazione come dighe e chiuse anti-inondazioni nel Lower East Side a Manhattan. Gli addetti ai lavori, con un occhio alla crisi abitativa, parlano della necessità di soluzioni edilizie che permettano di fornire alloggio ad un numero più elevato di persone e che allo stesso tempo siano attente all’efficienza energetica. Tutto ciò per Max Besbris, professore universitario, comporterà la fine dell’”ideale suburbano di una casa indipendente con una staccionata bianca”.

A dicembre il consiglio comunale di New York ha approvato il piano del sindaco Adams, denominato “City of Yes”, che potrebbe portare alla costruzione di 80mila case nei prossimi 15 anni.

Come sottolineato da Besbris, non è un caso che l’opposizione a tale programma sia stata più forte a Staten Island e nel Queens, dove i residenti che vivono in case monofamiliari temono di veder spuntare grattacieli anche nei loro sobborghi. Sempre che tempeste e inondazioni non arrivino prima a guastare in altro modo la quiete apparente dei quartieri periferici della città che non dorme mai.


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