Cradle Of Filth – The Screaming Of The Valkyries
Non porta particolari novità “The Screaming Of The Valkyries”, quattordicesimo album dei Cradle Of Filth. A poco più di tre anni di distanza dall’uscita del precedente “Existence Is Futile”, la band inglese torna con un lavoro ben confezionato ma privo di reali sorprese. Lo stile rimane in linea con le recenti produzioni: un black metal epico, fortemente melodico e pervaso da atmosfere gotiche e orrorifiche, arricchito da inserti sinfonici e dal consueto intreccio tra la voce perfida e minacciosa del frontman Dani Filth, maestro dello scream, e quella angelica e soave della cantante e tastierista statunitense Zoe Marie Federoff, new entry nella band insieme al chitarrista Donny Burbage.

L’album non si discosta mai da questi elementi, risultando in un certo senso prevedibile: i Cradle Of Filth sembrano ormai “prigionieri” di una formula che, per quanto consolidata e ben eseguita, non lascia spazio a particolari innovazioni. Ciononostante, il disco offre diversi brani più che validi. Le composizioni, come da tradizione, sono lunghe e articolate quel tanto che basta per mantenere un’aura epica e avvincente. Tuttavia, in più occasioni, una maggiore sintesi avrebbe giovato, poiché il lavoro tende a essere un filo ripetitivo e la durata complessiva di un’ora appare eccessiva per una band che – e lo dico senza connotazioni negative – non ha più molto da dimostrare.
L’album trova i suoi momenti migliori quando il gruppo spinge sull’acceleratore, con incursioni nel death e nel thrash metal, e quando emergono le splendide armonie di chitarra, frutto di una naturale influenza della NWOBHM, che caratterizzano buona parte della tracklist. Il punto di forza maggiore resta comunque la componente melodica: i ritornelli sono spesso immediati e incisivi, con quelli di “The Trinity Of Shadows” e “White Hellebore” particolarmente degni di nota.
Col passare degli anni i Cradle Of Filth si sono fisiologicamente “addolciti”, perdendo in parte potenza e impatto sonoro. Ne hanno guadagnato in versatilità, con l’esplorazione di nuove sfaccettature del loro sound oscuro e maligno. Tuttavia, i margini di crescita sembrano ormai esauriti e la band appare stabilizzata in una comfort zone che difficilmente deluderà i fan. Dopo oltre trent’anni di carriera è comprensibile non avere più molto da aggiungere al discorso, e va benissimo così se questi sono i risultati.
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