Saluzzo:“Csm severo con Colace, c’è stato un errore di procedura, ma non l’ha commesso il pm”
«Le carte le conosco, la sanzione è severa e la mia non è una difesa corporativa», dice subito l’ex procuratore generale Francesco Saluzzo sul caso delle intercettazioni illegittime all’ex senatore Stefano Esposito che sono costate il trasferimento a Milano del pm Gianfranco Colace e una censura per la gup Lucia Minutella.
Aveva chiesto conto della situazione?
«Avevo scritto una relazione dopo che si era mossa la procura generale della Cassazione in seguito all’esposto di Esposito».
Occorreva chiedere subito l’autorizzazione all’inizio delle indagini?
«La questione non riguarda la richiesta preventiva al Senato, su cui non sarei comunque d’accordo, ma l’autorizzazione sull’utilizzo delle telefonate intercettate».
Come è stata gestita la vicenda?
«In maniera disordinata. Perché questo era un fascicolo che proveniva da un altro sostituto procuratore e il materiale, ovvero le prime intercettazioni, c’era già. Avrebbe dovuto essere subito oggetto di una riflessione su cosa farne: se distruggere quelle telefonate o inserirle in un archivio riservato».
Oltre a Colace ci sono stati 22 gip che nel prorogare le intercettazioni hanno ritenuto che fossero casuali.
«Il problema vero non è tanto la casualità. Che le intercettazioni all’inizio fossero casuali è sicuro. Ma, una volta inserite nel fascicolo, si sarebbe dovuto ragionare sulla loro destinazione».
Cosa ha sostenuto nella sua relazione?
«Ho sostenuto, e lo sostengo ancora adesso, che la colpa maggiore sia stata del giudice e non del pm».
Perché?
«Perché il pm a un certo punto ha chiesto che il giudice in udienza preliminare desse una destinazione e un destino a queste intercettazioni. Il giudice non l’ha fatto, ritenendo che non fosse quello il momento, rinviando la questione al dibattimento. Per me non è corretto».
Cioè?
«Qualunque momento è buono, di fronte a una richiesta al giudice, per esprimersi sulla natura delle intercettazioni e quindi sulle conseguenze. E il giudice deve provvedere».
Eppure la giudice ha avuto una sanzione più blanda, come mai?
«Non conosciamo le motivazioni del Csm e io non voglio assolutamente caricare la croce sulla collega. Però ritengo che la decisione andasse presa quando il pm l’ha chiesto. Nella mia relazione sostenevo che, al di là della coloritura della vicenda, del clamore, e del fatto che la Corte Costituzionale avesse rilevato una serie di cose giuste, il pubblico ministero avesse cercato di sanare una situazione un po’ anomala».
Non è stato fatto, però.
«Si è sbagliato in punto di procedura, non in punto di interpretazione».
Una delle questioni è anche che queste telefonate siano state o meno utilizzate come fonte di prova: cosa ne pensa?
«Colace non le ha mai utilizzate come fonte di prova. Era stato generico indicando nel capo d’imputazione della richiesta di rinvio a giudizio tutte le intercettazioni, non quelle che riguardavano Esposito».
Cosa la colpisce di questa sanzione?
«Conoscendo le carte, mi è parsa una sanzione molto severa rispetto a un problema interpretativo delle norme procedurali».
Ritiene che questa interpretazione metta a rischio l’indipendenza del pm alla luce del principio di insindacabilità?
«No. La legge è chiara, c’è una procedura da seguire. Non si può parlare di insindacabilità sul percorso che il pubblico ministero deve seguire e che, come ho detto, Colace a un certo punto ha deciso di seguire».
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