Salute

L’ombra dei Pfas dietro la morte di 4 vigili del fuoco ad Arezzo: indagine su tute e schiume antincendio. E parte lo screening di massa


Si sospetta un legame tra la morte di quattro vigili del fuoco, avvenuta tra ottobre 2022 e dicembre 2023, e i Pfas, i cosiddetti ‘inquinanti eterni’ pericolosi per l’uomo e l’ambiente. Perché tutti e quattro sono morti a causa di un gliblastoma di IV grado, una neoplasia cerebrale e perché tre pompieri – Antonio Ralli, Mario Marraghini e Maurizio Ponti, deceduti alla soglie della pensione – lavoravano ad Arezzo, mentre il quarto collega, Roberto Parlascino, era di Spoleto ma aveva prestato servizio nella città toscana per un paio di anni. La vicenda, portata alla luce da Arezzo News, è diventa un caso nazionale, dopo i racconti delle famiglie dei pompieri, che chiedono di far luce su una possibile esposizione alle sostanze perfluorate o polifluorurate attraverso i dispositivi utilizzati dai vigili del fuoco, come tute e schiume antincendio.

L’indagine interna – E ora il Dipartimento centrale dei vigili del fuoco ha annunciato un’indagine interna, mentre il comandante provinciale Fabrizio Baglioni, al termine di un incontro avuto con le famiglie, ha spiegato che da anni sono state prese delle misure per evitare l’uso di liquidi schiumogeni che contenessero sostanze pericolose. Andranno fatte delle verifiche sugli equipaggiamenti attuali e utilizzati in passato, anche sulle tute. Ad accogliere l’appello delle famiglie era stato anche il Conapo, il sindacato che da tempo chiedeva “attenzione sul pericolo Pfas” e che ha scritto al sottosegretario agli interni Emanuele Prisco. Sul caso è stata presentata anche un’interrogazione parlamentare da parte del Pd. “Vogliamo per primi la verità”, ha spiegato il comandante Baglioni.

L’allarme di Conapo già nel 2021 – La battaglia della famiglia parte dalle anomalie di questa storia. Si parla di un gliblastoma con un’incidenza di 3 o 4 casi ogni 100mila abitanti. Ad Arezzo si sono ammalati tre pompieri su 200 vigili del fuoco del comando provinciale, più il collega umbro che pure aveva prestato servizio in città anche se per un periodo più breve. “Accogliamo con favore l’iniziativa annunciata dal Dipartimento dei Vigili del fuoco di avviare gli accertamenti”, ha dichiarato il segretario del Conapo, Marco Piergallini, sottolineando che già nel 2021 il sindacato aveva chiesto degli approfondimenti. Era accaduto dopo la pubblicazione di una ricerca effettuata su 135 vigili del fuoco americani ai quali erano stati trovati nel sangue elevati valori di Pfas ritenuti cancerogeni. Sostanze che, questo il sospetto, avrebbero potuto essere utilizzate negli indumenti di protezione e nelle schiume antincendio. In quell’occasione, però, come ricordato da Piergallini “la richiesta di sottoporre il personale a prelievi a campione, di avviare uno studio epidemiologico e di verificare gli indumenti di protezione era rimasta inascoltata”, mentre il problema era stato minimizzato “da parte del ministero dell’Interno”. Oggi, però, ci sono le storie di quattro vigili del fuoco e delle loro famiglie. E ci sono i colleghi di Arezzo e di altre sedi preoccupati per ciò che è accaduto.

Nessun fascicolo in procura – Al momento non è stata avviata alcuna indagine in Procura. Sia perché le famiglie non hanno presentato alcun esposto alla magistratura, sia perché in Italia sono diverse le carenze che riguardano i Pfas, a iniziare dai limiti, previsti non in tutti gli ambiti, non per tutte le migliaia di sostanze appartenenti ai Pfas e, soprattutto, comunque non adeguati alla loro pericolosità. Tutto questo, come chiarito anche da recenti mozioni in discussione alla Camera proprio in questi giorni, rende difficile anche la configurazione di un eventuale ritardo. Come chiarito dallo stesso Baglioni, però, l’indagine sanitaria si farà, per i vigili che non ci sono più e le loro famiglie e anche per la sicurezza di quelli che continuano a prestare servizio tutti i giorni. Oggi equipaggiamenti e schiume in uso nelle caserme dovrebbero essere più sicure, ma occorre fare verifiche, soprattutto sui dispositivi utilizzati in passato. “Per quanto riguarda le tute, in particolare, bisogna verificare se queste particelle siano presenti nell’impermeabilizzazione. Dobbiamo capire se queste sostanze possano aver causato la malattia”, ha spiegato Baglioni.

Si avvia l’indagine sanitaria in due fasi – Un protocollo d’intesa firmato tra Università di Bologna e l’amministrazione regionale dei vigili del fuoco dell’Emilia Romagna permetterà di svolgere uno screening. Si prevede di sottoporre all’indagine 300 vigili del fuoco che lavorano in regione. L’accordo verrà poi esteso ad altre regioni, partendo proprio dal comando di Arezzo. Saranno avviati i test in tutte le sedi, ma saranno volontari quelli eseguiti con prelievi del sangue. L’obiettivo è quello di confrontare i risultati ottenuti con quanto emerge negli studi scientifici più recenti. L’Arpa, nel frattempo, eseguirà delle analisi su aria e acqua in tutte le sedi dei vigili del fuoco della provincia di Arezzo. Nel capoluogo, tra l’altro, nei mesi scorsi, durante i campionamenti eseguiti nell’ambito della sua indagine sull’acqua potabile, Greenpeace aveva registrato “il valore più alto di somma di Pfas tra le 235 città prese in esame”. E lo aveva segnalato. L’ente gestore, Nuove Acque, aveva a sua volta effettuato monitoraggi per verificare la situazione, attivandosi immediatamente. Dopo aver eseguito numerose analisi, dagli esiti ritenuti rassicuranti, l’ente ha così escluso la presenza, anche in tracce, di questi inquinanti.


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