Il cimitero di Giarre (Catania) come deposito della droga, doppio blitz contro il clan Cappello-Cintorino: 39 arresti
Doppi blitz con due ordinanze di custodia cautelare in carcere per 39 indagati, 30 in carcere e nove agli arresti domiciliari. Sono i grandi numeri dell’operazione contro il clan Cappello-Cintorino condotta dalla Guardia di finanza di Catania e Messina e dai carabinieri della città dello Stretto. Tra i destinatari del provvedimento esponenti dei clan Cintorino-Cappello e Santapaola-Brunetto che, secondo l’accusa, tra il 2020 e il 2022, avrebbero gestito un traffico di droga rifornendo l’intera area ionica del Messinese, anche attraverso anche la “mediazione” di alcuni personaggi di rilievo che avevano una base operativa tra Giardini Naxos e Taormina, due delle maggiori località turistiche della Sicilia. Per il traffico di droga venivano utilizzati un linguaggio in codice, telefoni dedicati e applicazioni di messaggistica non intercettabili
Il cimitero – Durante le indagini stati monitorati diversi episodi che hanno portato all’arresto in flagranza di cinque indagati e al sequestro di circa 13 chilogrammi di cocaina, 55 chilogrammi di hashish e di 72 chilogrammi di marijuana. Grandi quantità di droga sono state sequestrate nel cimitero di Giarre (Catania), che è risultato essere una delle basi operative e di deposito del gruppo criminale. Le inchieste, coordinate dai procuratori di Catania, Francesco Curcio, e di Messina, Antonio D’Amato, e coordinata dalla Dna, ha fatto emergere anche un vasto giro di estorsioni.
Dalle indagini è emerso che Mariano Spinella “avrebbe assunto il ruolo di promotore e reggente del clan Cintorino, mentre Riccardo Pedicone, braccio destro del boss Mario Pace del clan Cappello, avrebbe rappresentato il referente per il sodalizio mafioso etneo, affermandosi come organizzatore delle illecite attività sul versante ionico. Tra i personaggi ‘emergenti’ – secondo gli inquirenti – sono citati Alessandro Galasso, Diego Mavilla, uomo di fiducia di Pedicone, Christopher Filippo Cintorino, nipote dello storico boss Antonino, che si ‘sarebbe imposto sul territorio, soprattutto nel settore degli stupefacenti’ gestendo ‘un mercato operativo a ‘ciclo continuo’ di cocaina, hashish e marijuana’ grazie a una diffusa rete di spacciatori”.
Il codice – La droga veniva chiamata in modo criptico, parlandone come di attività legate a un allevamento di cani o come una nota bevanda gassata, e utilizzando telefoni dedicati e applicazioni di messaggistica non intercettabili con le comuni tecniche per tentare eludere le indagini. Dalle indagini sarebbe emerso che il gruppo Cintorino avrebbe attuato un ramificato controllo del territorio, anche attraverso estorsioni nel comprensorio di Calatabiano (Catania) e nei comuni limitrofi della fascia ionica etnea e messinese a danno di operatori economici dell’edilizia, dei trasporti e di attività turistico-ricettive. “Il significativo riscontro della forza d’intimidazione territoriale del clan – scrive la Dda – si desumerebbe inoltre dalle richieste di intervento rivolte al reggente del sodalizio Mariano Spinella Mariano, per dirimere controversie insorte tra sodali e tra questi ultimi e soggetti esterni all’organizzazione per le questioni più varie, da quelle di carattere economico a quelle sentimentali”.
Uno dei filoni dell’inchiesta delle Dda di Messina e Catania sulle attività del clan mafioso Cintorino-Cappello ha permesso di ricostruire le estorsioni nei comuni della fascia ionica della provincia di Messina da parte di Riccardo Pedicone, del clan Cappello, e di referenti dell’articolazione dei Cintorino e del sodalizio mafioso Brunetto-Santapaola ai danni di imprese del settore delle escursioni turistiche.
Il procuratore – “Il clan aveva base nella provincia di Catania, ma eseguiva le attività finalizzate alle estorsioni e al traffico di sostanze stupefacenti nella zona turistica di Giardini Naxos e Taormina. Da qui è nata la sinergia con i colleghi della procura di Messina e tra le forze dell’ordine dei due capoluoghi” spiega Francesco Curcio, procuratore di Catania. “Sono stati registrati casi di estorsione – prosegue – che si sono succeduti di generazione in generazione, per cui ci si presentava dopo anni anche dopo che era stata accertata l’attività estorsiva per continuare a farla, purtroppo registriamo che le vittime di questi reati si ritengono sudditi e non cittadini perché i cittadini dovrebbero denunciare e cosi non è avvenuto”.
Nell’indagine è emerso anche uno degli indagati si fosse adoperato per supportare la campagna elettorale di un candidato catanese per l’Assemblea Regionale Siciliana, ma le indagini non hanno portato a configurare il reato di scambio elettorale politico mafioso. “È emerso – spiega il magistrato – che c’è stato l’appoggio nel senso di una attività di propaganda di appoggio elettorale da parte di due esponenti dell’organizzazione Cintorino in favore di una persona che si presentava, ma poi non è stata eletta per le elezioni regionali del 2022”.
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