Marche

Addio Vincenzo Luzi, magistrato simbolo contro Tangentopoli

ANCONA Addio al magistrato simbolo di Mani Pulite nelle Marche, l’investigatore in toga che svelò la Tangentopoli edificata sul Piano di ricostruzione di Ancona e mille altre storie di mazzette, scandali, ruberie e malversazioni. Il dottor Vincenzo Luzi, 81 anni compiuti il 24 febbraio scorso, è morto ieri all’ospedale di Torrette. Abitava ancora ad Ancona ma tornava spesso a Camerino, sua città d’origine, dopo aver concluso nel 2016 una carriera in magistratura che l’aveva portato a occuparsi delle principali inchieste della Procura anconetana, guidata tra il 2000 e il 2009.

Gli attentati in Alto Adige

Aveva iniziato la sua carriera in magistratura in Alto Adige (pretore di Chiusa negli anni ‘70 e poi sostituto procuratore di Bolzano fino al 1990) occupandosi anche degli attentati dei terroristi irredentisti, per poi tornare nelle Marche. Alla Procura dorica soprattutto, ma poi anche alla Procura di Camerino (guidata fino al 2013, quando venne accorpata) poi come aggiunto a Macerata, prima di concludere la sua lunga esperienza da magistrato della pubblica accusa alla Procura generale del distretto di Corte d’appello delle Marche.

Il destino nel calendario

Una profilo professionale, quello del dottor Luzi, così intrecciato alle vicende della Tangentopoli marchigiana che il destino lo fece nominare dal Csm procuratore capo di Ancona proprio nel giorno in cui a Perugia, il 15 novembre del 2000, fioccavano richieste di condanna per Edoardo Longarini e soci nel processo d’appello-bis sulle Incompiute doriche. Una parabola intrecciata a più riprese con quella del ragionier Longarini, concessionario unico del Piano di Ricostruzione di Ancona, che un’inchiesta del pm Luzi portò agli arresti nell’ottobre del ’92, quattro mesi dopo che il costruttore patron dell’Ancona Calcio, aveva portato la squadra del capoluogo in serie A.

Ma tra i due non mancò mai il rispetto, come raccontò lo stesso Luzi in un’intervista al Corriere Adriatico, il 3 settembre 2020, due giorni dopo la morte di Longarini a Roma. «Non ricordo da parte di Longarini una parola fuori posto o un atteggiamento sprezzante», diede atto il magistrato allora già in pensione.

Le pene più pesanti

E anche 27 anni prima, quando si trattò di rassegnare in tribunale le conclusioni del processo di primo grado, il pm Luzi aveva chiesto pene più pesanti di almeno 2-3 anni per i funzionari dello Stato che si lasciarono corrompere, rispetto all’imprenditore che lì pagò per avere carta bianca nella contabilità di cantiere e gonfiare i prezzi.

«Ritenemmo sin dall’inizio più gravi le condotte dei pubblici ufficiali che avevano accettato le elargizioni venendo meno alla fedeltà verso lo Stato – ricordò Luzi -. Comportamenti più esecrabili di quelli, pur gravi e ingiustificati, di un costruttore che paga per vedersi spianata la strada. Longarini è stato l’esponente di una certa epoca in cui nel nostro Paese se pagavi ti si aprivano tutte le porte».

Il procuratore Luzi ha firmato altre inchieste che hanno segnato trent’anni di cronaca giudiziaria marchigiana, dal caso Cemim sull’Interporto della Vallesina, a quella su una presunta corruzione per la vendita dell’area Ccs, che il 4 febbraio 2009 portò alle dimissioni, a seguito di avviso di garanzia, del sindaco di Ancona Fabio Sturani, poi uscito assolto dai vari processi.

Le carceri di burro

A una delle sue inchieste, quella sulle cosiddette carceri di burro, aperta dopo l’evasione di tre detenuti da Montacuto che bucarono una parete con un cucchiaio, Luzi dedicò un libro (“La Proprietà commutativa – Storia di una truffa”), in cui con una prosa efficace, amara ma con venature quasi comiche, svelava le formule di un “sistema italico” di gestire gli appalti pubblici.




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