Forlì svela il volto degli artisti nel corso dei secoli
In programma al Museo Civico San Domenico fino al 29 giugno, ‘Il ritratto dell’artista. Nello specchio di Narciso. Il volto, la maschera, il selfie’ racconta la storia dell’autoritratto nei secoli con 220 opere tra dipinti, sculture e installazioni realizzate tra il Quattrocento e il Novecento da artisti quali Giovanni Bellini, Tintoretto, Lavinia Fontana, Sofonisba Anguissola, Lotto, Pontormo, Parmigianino, Rembrandt, Tiziano, Hayez, Böcklin, De Chirico, Balla, Sironi, Bacon, Bill Viola e Chuck Close. Promossa da Fondazione cassa dei risparmi di Forlì e diretta da Gianfranco Brunelli, la mostra è curata da Cristina Acidini, Fernando Mazzocca, Francesco Parisi, Paola Refice.
L’esposizione prende avvio con la figura di Narciso, archetipo assoluto della ricerca della propria identità che, nell’antico mito, s’innamora della propria immagine riflessa sull’acqua. Nel percorso espositivo ritroviamo quindi ‘Narciso alla fonte’ di Tintoretto, ‘Narciso’ di Paul Dubois e il grande arazzo firmato da Corrado Cagli della collezione del Senato della Repubblica. Lo specchio diventa il filo conduttore del percorso nella sezione ‘Persona. Lo specchio, la maschera e il volto’ che raccoglie oggetti fortemente simbolici utili nella ricerca di una raffigurazione autentica o costruita dall’artista. In epoca medievale l’arte di guardare sé stessi viene considerata moralmente negativa. Anche nelle opere d’arte sacra, tuttavia, i pittori cominciano ad affermare la loro presenza ritraendosi all’interno della rappresentazione come nel caso di Andrea Pisano in ‘Creazione di Eva’. Nel Rinascimento l’essenza personale viene espressa con modi e connotazioni diverse. In ‘Allegoria della prudenza’ di Marcello Venusti viene ricercata, per esempio, attraverso la virtù, mentre in altre opere si esalta nel compiacimento della vanitas. In quest’ultimo caso l’immagine riflessa porta ad una ricerca dell’identità effimera ed esteriore destinata a svanire con il passare del tempo. Con l’umanesimo l’autoritratto non raffigura solo le fattezze dell’artista ma anche la sua anima nascosta che affiora attraverso lineamenti, pose, oggetti e ambienti. L’artista sceglie come rappresentarsi in particolare nel ‘Doppio ritratto’ del Pontormo o nell’‘Autoritratto con spinetta’ di Sofonisba Anguissola.
Nella suggestiva sezione dedicata al Simbolismo, dove convivono varie scuole di pensiero, i pittori associano il loro volto al teschio, raffigurandosi in una sorta di meditazione interiore o assieme a presenze demoniache. La rassegna si avvia a conclusione con ‘Autoritratto nudo’ di De Chirico nel quale l’artista si interroga sulla natura dell’uomo e del mondo. Marina Abramovic indaga poi come la rappresentazione del sé possa contenere anche un grido di dolore. In ‘Ecstasy II’ la sofferenza sul viso dell’artista serba naturalizzata statunitense la trasforma in martire e simbolo dell’umanità e dei suoi travagli.
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