Ambiente

Le perdite Bce tra gufi e struzzi

Le perdite di bilancio registrate dalla BCE per il secondo anno consecutivo non devono suscitare né gli allarmisti dei gufi, ma neanche l’indifferenza degli struzzi. E’ un fenomeno congiunturale, automatico effetto di un decennio di straordinaria immissione di liquidità, seguita da una ritardata e normalizzazione dei tassi. Però il risultato negativo dei conti non deve diventare un tratto strutturale dei bilanci di Francoforte. Altrimenti c’è il rischio di una minore efficacia della politica monetaria, causata da una riduzione dell’ indipendenza finanziaria della banca centrale. Occorre un cambio di passo, come quella che riguarda le riserve bancarie, le cui dimensione e remunerazione sono oggi eccessive.

Partiamo dai fatti. A due decenni dalla sua fondazione, la BCE ha fatto registrare due anni consecutivi di perdite di bilancio. Fino al 2023, la BCE aveva generato complessivamente oltre venticinque miliardi di euro di profitti, di cui oltre diciassette miliardi erogati alle banche centrali nazionali, che a loro volta, a seconda delle regole di ciascun Paese, li hanno retrocessi ai rispettivi governi. Oggi la perdita cumulata dei due anni supera i nove miliardi di euro. C’è da preoccuparsi, oppure, al contrario, la questione è irrilevante? La risposta è in entrambi i casi negativa: il fenomeno è congiunturale, ma allo stesso tempo merita attenzione.

Dal punto di vista congiunturale, la causa delle perdite è l’effetto di due decenni di politica monetaria non convenzionale. La BCE, per contrastare il rischio che una stagnazione economica si intrecciasse con una deflazione dei prezzi, ha acquistato in modo straordinario titoli, soprattutto pubblici. Il suo bilancio si è gonfiato sotto due punti di vista: la dimensione e la rischiosità. Quando, nel 2022, la BCE ha iniziato in ritardo una forte restrizione monetaria, l’effetto automatico sul suo bilancio è stato quello di registrare perdite. Peraltro il fenomeno ha toccato tutte le banche centrali che hanno implementato politiche monetarie non convenzionali; per esempio la FED, che nel 2023 ha toccato la cifra record di oltre centoquattordici miliardi di dollari. I gufi non devono bubolare, lanciando allarmi ingiustificati.

Ora è importante che la normalizzazione della politica monetaria prosegua senza interruzioni: da un lato, lo stabile ritorno dei tassi in territorio positivo, con livelli che siano coerenti con l’obiettivo di avere una crescita economica senza inflazione; dall’altro lato, occorre progressivamente far sgonfiare la bolla del bilancio BCE, sia dal punto di vista della sua dimensione che rispetto alla sua rischiosità. Perché le perdite di bilancio di una banca centrale non sono allarmanti, man solo se il fenomeno è congiunturale.

Infatti, dal punto di vista strutturale, l’efficacia della politica monetaria dipende dalle caratteristiche del bilancio della banca centrale. E’ una catena con tre anelli. Il primo anello è l’indipendenza finanziaria della banca centrale: in ogni momento, l’autorità monetaria deve essere sempre in grado di fare le sue scelte, senza dover chiedere nulla al governo in carica. Secondo: l’indipendenza finanziaria è tanto più alta quanto più la dimensione del bilancio della banca centrale e la sua rischiosità sono ridotte. Terzo: più una banca centrale è indipendente, più è alta la sua credibilità, maggiore è la probabilità che la sua politica sia efficace.


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