Riforme per proteggere e per sviluppare il digitale
Mario Draghi, sul «Financial Times», ha ripreso i temi del proprio noto Rapporto, denunciando gli “ostacoli regolatori” equivalenti a barriere tariffarie: la politica Ue sul digitale ha finito per ostacolare «la crescita delle imprese tecnologiche europee… I costi di conformità al Gdpr si stima che abbiano ridotto i profitti delle per le piccole imprese tecnologiche europee fino al 12%».
Ovviamente, posta così la questione, hanno gioco facile coloro che, in buona o in cattiva fede, soffiano sulle paure, complice la cupa ombra lunga dei fantasmi di cui parlavo. L’ansia di profitto sarà destinata sempre a perdere di fronte alla preoccupazione per i diritti che l’Ia minaccia di soffocare. La realtà, però, è che questo è un paradigma sbagliato. I rischi provocati dell’Ia minacciano certamente alcuni diritti, ma altri sono a rischio proprio per il motivo opposto: l’eccessivo freno al suo sviluppo.
Perché, come insegna la storia del costituzionalismo, la lotta per i diritti non è stata solo segnata dall’esigenza di proteggere, ma anche da quella di espandere lo sviluppo della personalità umana, come ricorda l’art. 3 della nostra Costituzione. E che l’Ia sia in grado di propiziare un’enorme potenzialità di benessere è fuori discussione in ogni settore della vita: dalla salute alla cultura, dall’inclusione sociale alla qualità del lavoro. Per questo, nell’equazione del dibattito devono avere sempre più cittadinanza il diritto all’innovazione e i diritti digitali. Pena la marginalità culturale, economica e sociale dell’Europa e dei suoi cittadini.
Il tema non può essere ideologicamente ridotto a una guerra tra i sanguinari del profitto e le vittime dello sfruttamento.
L’enormità della rivoluzione tecnologica di fronte a noi merita molta più consapevolezza e lungimiranza. E anche riforme della governance che, ad esempio, diano alle Autorità di garanzia gli strumenti e il ruolo che meritano non solo nel proteggere, ma anche nel promuovere, con un adeguato bilanciamento, i diritti. È necessario un nuovo paradigma nel dibattito pubblico, perché la posta in gioco è l’equilibrio di poteri e diritti. E nella lotta per il diritto, nessun pasto è gratis.
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