Il futuro del lavoro è la retribuzione secondo partecipazione
L’aumento del costo della vita, l’inflazione e il rincaro delle risorse energetiche rischiano di mettere a dura prova il potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori. Medesimo scenario esiste per i lavoratori indipendenti, anch’essi alle prese con un generalizzato aumento dei costi. Ma possono contare su una struttura flessibile del reddito, che potenzialmente permette loro di aumentarlo cogliendo le opportunità offerte dal mercato. Ciò non è invece possibile per i dipendenti, perlomeno fin quando si resterà agganciati rigidamente al calcolo della retribuzione moltiplicando le ore lavorate per la paga oraria. Per dare ai lavoratori dipendenti maggiori opportunità di accrescere in modo considerevole la propria retribuzione, serve un salto culturale che può avvenire solo in fase di contrattazione collettiva. È infatti necessario un forte e propulsivo cambiamento, da realizzarsi con l’introduzione di strumenti che possano garantire una giusta retribuzione, partecipando ad accrescere la competitività delle imprese. Un possibile modello è quello che lega una parte del salario alla produttività e alla partecipazione dei lavoratori agli obiettivi aziendali.
Questo approccio si inserisce perfettamente nello spirito dell’articolo 4, comma 2 della Costituzione italiana, secondo cui «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». Lavorare non deve quindi essere solo un mezzo per il sostentamento individuale, ma un atto di partecipazione collettiva che contribuisce alla crescita dell’intero sistema economico e sociale del Paese. Se il lavoro ha una funzione così centrale nella società, allora anche il suo riconoscimento economico deve riflettere il valore che produce.
Un sistema retributivo che premia il raggiungimento di obiettivi condivisi può avviare un sistema virtuoso. In particolare, garantisce ai lavoratori una retribuzione che tenga conto dell’andamento aziendale con una maggiore responsabilizzazione e coinvolgimento nel processo produttivo. Questo modello consente di superare la tradizionale concezione del salario fisso legato unicamente alle ore lavorate, introducendo una logica di partecipazione attiva che può tradursi in un guadagno aggiuntivo.
Inoltre, un meccanismo di retribuzione variabile può conciliarsi con un riequilibrio tra vita privata e lavoro. Un sistema premiale sarebbe assolutamente compatibile con una riduzione della presenza fisica in azienda, ma partecipando nel contempo ad aumentare la produttività. Ciò farebbe scaturire un doppio vantaggio: il lavoratore avrebbe più tempo libero e l’azienda vedrebbe crescere la propria efficienza. La riduzione dell’orario di lavoro in azienda, potrebbe così diventare un’opportunità anziché un costo.
Perché questo modello funzioni, è fondamentale che gli obiettivi siano chiari, realistici e condivisi. La trasparenza nei criteri di valutazione e la possibilità per il lavoratore di conoscere e influenzare i parametri della propria retribuzione sono elementi essenziali per il successo di questa strategia. Senza un patto di fiducia tra azienda e dipendenti, qualsiasi meccanismo premiante rischia di trasformarsi in uno strumento non efficace, anziché in un’opportunità di crescita reciproca.
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