Economia

Cosa significa il Trump 2.0 per i mercati


Dall’insediamento di Trump, il mercato ha rivisto al ribasso il cosiddetto “Trump Trade” (i.e. titoli del settore tecnologico, il dollaro USA e le criptovalute), mantenendo però nel complesso un sentiment positivo. I riflettori sono ora puntati sugli annunci sul fronte della politica commerciale perché i mercati non hanno ancora pienamente scontato il mix potenziale delle politiche di Trump.

Prevediamo che ulteriori novità sui dazi determineranno ulteriore volatilità sui mercati. Tuttavia, se Trump adotterà un approccio pragmatico (cosiddetto “transactional”), invece di alzare la posta e combattere una dura guerra commerciale, i mercati azionari non subiranno contraccolpi. Riguardo al reddito fisso, i driver principali rimarranno l’inflazione e le aspettative sugli interventi della Fed. Vista la posizione momentaneamente attendista della banca centrale americana, le sue prossime mosse dipenderanno in larga misura dagli annunci sui dazi e dai dati economici.

Nel primo semestre dell’anno il contesto di mercato verrà probabilmente supportato dall’attuale quadro economico positivo, ma il clima di incertezza si aggraverà. Man mano che ci avvicineremo alla fine dell’anno l’impatto dei dazi sulla crescita economica e sull’inflazione potrebbe innescare una revisione degli utili, incidendo negativamente sulla propensione al rischio.

Sembra che i rischi di coda, come una guerra commerciale senza esclusioni di colpi, l’acuirsi delle tensioni geopolitiche, l’aumento delle spinte inflazionistiche e nuove tensioni sui prezzi del petrolio, siano scontati solo in minima parte. Tra gli aspetti positivi va invece sottolineato che non viene nemmeno scontato il cessate il fuoco tra Russia e Ucraina che potrebbe costituire un catalizzatore positivo per gli asset europei.

Reddito fisso: probabilmente la volatilità rimarrà elevata

I mercati del reddito fisso stanno ancora cercando di valutare se le politiche di Donald Trump cambieranno l’outlook della crescita e dell’inflazione e le risposte delle banche centrali. I mercati rimarranno focalizzati sulla pubblicazione dei dati economici: il recente dato sull’IPC, risultato inferiore alle attese, ha spinto i rendimenti al ribasso. I rendimenti hanno continuato a scendere dopo l’insediamento di Trump e si sono attestati al 4,5%, ma è scesa anche la volatilità realizzata a trenta giorni. Viste le rinnovate minacce sui dazi, i rendimenti potrebbero nuovamente testare il livello del 4,8% entro la fine del primo trimestre prima di ridiscendere in caso di un indebolimento della crescita.

Azioni: le rotazioni all’interno del mercato statunitense sono destinate a continuare

Man mano che gli Stati Uniti implementeranno le politiche attese sui dazi, emergerà sul mercato una netta distinzione tra vincitori e vinti. Mentre alcuni settori trarranno beneficio da queste politiche, altri dovranno affrontare sfide significative. Si prevede che i tagli fiscali avvantaggeranno le aziende con una forte presenza negli Stati Uniti, in particolare le aziende statunitensi a piccola e media capitalizzazione e i titoli finanziari, nonché le aziende non statunitensi con attività produttive negli Stati Uniti. Per contro, i dazi probabilmente colpiranno i produttori non statunitensi, in particolare quelli dei Paesi con significativi deficit commerciali. I settori che dipendono dalle esportazioni come quello automobilistico sono quelli più esposti al rischio, mentre i settori dei servizi come software, media e telecomunicazioni probabilmente daranno prova di una migliore tenuta.

In Europa, meno della metà delle vendite delle società sono domestiche e quindi potenzialmente esposte a un rallentamento del Pil dell’Ue. Per quanto riguarda le vendite globali, solo il 6% circa delle vendite sono a rischio dazi, e quindi il mercato dovrebbe rimanere complessivamente solido. L’allentamento della regolamentazione probabilmente incentiverà l’attività delle società, supportando ulteriormente il mercato azionario.

Nel complesso, i titoli finanziari statunitensi presentano tutte le caratteristiche desiderate: sono nazionali, beneficiano della deregulation e potrebbero trarre vantaggio dai rendimenti obbligazionari persistentemente elevati se l’inflazione rimarrà viscosa o se il deficit di bilancio continuerà a essere elevato. Anche il settore delle materie prime e quello tecnologico potrebbero trarre vantaggio dai minori oneri normativi. L’intelligenza artificiale (IA) continuerà a essere un tema dominante sul mercato come evidenziato anche dal “Progetto Stargate”. Tuttavia, il lancio del nuovo modello cinese DeepSeek costituisce una sfida per il settore dell’IA, che fino adesso è stato un simbolo dell’eccezionalismo statunitense. L’efficienza in termini di costi del modello cinese indica una rotazione dagli data-center di grandi dimensioni agli utenti, e il segmento software probabilmente ne beneficerà. Ciò depone anche a favore di un ampliamento della partecipazione di altri titoli al mercato rialzista. Al di là dei vincoli geopolitici, e a parità di condizioni, sul lungo termine l’aumento della concorrenza e i modelli Gen-AI open-source dovrebbero migliorare la produttività globale e continuare a essere un driver positivo per le azioni.

I mercati emergenti: sul breve termine il sentiment per il rischio valutario e azionario rimarrà debole

L’incertezza riguardo ai dazi peserà sul sentiment per il rischio nei mercati emergenti, soprattutto per quanto riguarda azioni e valute. Sull’azionario abbiamo adottato una posizione neutrale prima dell’insediamento di Trump. Tra i rischi principali ci sono gli sviluppi con Cina, Russia e Iran che attualmente penalizzano le azioni dei mercati emergenti, che potrebbero però presentare anche significative opportunità di rialzo in caso di allentamento delle tensioni geopolitiche. L’India rimane un Paese su cui puntare, ma al momento presenta dei rischi per via delle valutazioni elevate, mentre il Messico e la Corea del Sud sembrano essere nella posizione di beneficiare di un rimbalzo non appena si smorzerà il clamore riguardo ai dazi. Per quanto riguarda la Cina, preferiamo il segmento A-Share che potrebbero beneficiare degli stimoli fiscali finalizzati a sostenere la domanda interna. La svalutazione del renminbi è uno degli strumenti che la Cina potrebbe utilizzare per compensare l’incremento dei dazi. Il nostro target per il Q1 2025 è stato portato da 7,5 a 7,25. Per quanto riguarda le obbligazioni dei Paesi emergenti, attualmente privilegiamo il debito in valuta forte, in particolare nel segmento High Yield dove i livelli dei rendimenti sono più interessanti.

*Head of Global Macroeconomics di Amundi Investment Institute;

**CFA Senior economist, Head of Advanced Economy Modelling di Amundi Investment Institute


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