Veneto

La mia prima notte delle ombre

Non avrei mai pensato che una semplice curiosità potesse condurmi in un abisso di silenzi e sussurri. Eppure, quella sera d’estate, in cui non riuscivo a dormire, decisi di fare una passeggiata notturna senza pensare da che parte andare e, spinta da una forza che non riuscivo a spiegare, mi ritrovai davanti a una villa abbandonata, famosa in paese per le leggende di spiriti tormentati e segreti dimenticati.

Ricordo ancora la leggera nebbia che la avvolgeva, tingendo il cielo di un grigio opprimente, e l’aria gelida che sembrava voler spingere via ogni ombra di vita. Con il cuore in subbuglio, decisi di fare una cosa che non avevo mai pensato di fare, forse a causa della mia giovane età: aprii la pesante porta in legno, che cigolò come se volesse raccontarmi una storia antica, una storia che intuivo di dolore e speranza. Appena varcata la soglia, fui investita da un silenzio irreale: il tempo pareva essersi fermato, e l’aria era carica di un’energia palpabile, quasi tangibile. Tutto era fermo.

Mentre mi addentravo nei corridoi bui, illuminati a malapena dalla luce tremolante della mia torcia, ogni passo sembrava svelare un pezzetto di un passato mai dimenticato. Le pareti, ricoperte da ragnatele e muffa, custodivano segreti di vite spezzate e di desideri infranti. Fu in quel labirinto di ombre che la vidi: una figura evanescente, quasi trasparente, galleggiava nell’aria e si stagliava davanti a uno specchio antico.

I suoi occhi, grandi e privi di espressione, mi fissarono con un’intensità che gelò il sangue nelle vene. Per un attimo, mi sembrò di udire una voce flebile, non fatta di suoni, ma di sensazioni, come un sussurro che parlava direttamente alla mia anima. La figura avanzava lentamente, quasi fluttuando, e io rimasi paralizzata, incapace di muovermi, rapita dalla fusione di terrore e fascino.

Quella presenza, eterea e al contempo così reale, mi comunicò un’emozione struggente: un dolore antico, come se portasse con sé il peso di un secolo di solitudine. Sentii, in un istante, un flusso di immagini e ricordi che non mi appartenevano, ma che mi fecero capire che quella donna era intrappolata tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti, in cerca di una pace perduta.

Il silenzio intorno a me si fece opprimente, interrotto solo dal mio respiro affannoso e dal battito martellante del mio cuore. Decisi, quasi contro la mia volontà, di seguirla lungo un corridoio che sembrava condurmi verso una sala segreta. Le luci della mia torcia proiettavano ombre danzanti sulle pareti, e ogni angolo del luogo pareva sussurrare frammenti di storie dimenticate.

Arrivai in una stanza centrale, dove al centro troneggiava un altare di pietra, incorniciato da antiche rune. Tutto pareva dormire in un sonno millenario. Fu allora che, con un ultimo sguardo carico di malinconica determinazione, la figura svanì, lasciandomi sola in quel vuoto silenzioso, con la consapevolezza di aver assistito a qualcosa che sfidava ogni logica.

Ritornai a casa con un’anima scossa e il pensiero in tumulto. Quella notte mi aveva mostrato per la prima volta un mondo che si cela dietro le apparenze, un universo dove il confine tra realtà e spirito è labile, e dove ogni ombra può celare un ricordo, un dolore, o una verità mai svelata. Da allora non sono più entrata in quella villa diroccata ma spesso nelle notti d’estata, quando il silenzio si fa pesante da sostenere, mi chiedo se quell’incontro non sia stato solo l’inizio di un lungo cammino alla ricerca di risposte.

E’ cominciato tutto da lì…


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