Marche

Alice e una vita appesa a un dispositivo, dalla Germania arriva l’alternativa (che non va bene). «La Regione provi ancora con gli Usa»


ANCONA Il 24 gennaio scorso si era rivolta al Corriere Adriatico per raccontare la sua storia e denunciare l’inerzia e il silenzio assordante del sistema. Una battaglia non ancora vinta quella di Alice Marchetti, la ragazza di 35 anni che dopo un grave incidente stradale, nel 2011, deve utilizzare uno strumento salvavita per evitare che il suo intestino sanguini.

 

I passaggi

Strumento a cui ora non può più avere accesso perché, prodotto negli Usa, non ha più la marcatura CE. E nonostante il nulla osta del Ministero della Salute, la ditta americana ha chiuso le porte per un’incomprensione nell’ordine fatto dal nostro sistema sanitario. Rispondendo in aula ad un’interrogazione del consigliere del Pd Antonio Mastrovincenzo, l’assessore alla Sanità Filippo Saltamartini martedì ha affermato che l’ordine di 370 pezzi fatto alla ditta americana non è andato in porto «per motivi regolatori di gestione del rischio». Tradotto, secondo il titolare della delega: «La ditta non consegna questo prodotto perché non è conforme alle norme europee».

La risposta

In realtà, l’azienda americana si era detta favorevole a consegnare quattro scatole, per un totale di 40 pezzi. Il no definitivo è arrivato quando l’Ars ha provato ad aggiustare il tiro chiedendone 120. E soprattutto, il problema della non conformità era stato superato dal nulla osta e dall’autorizzazione del Ministero della Salute. Nel ricostruire le tappe, Saltamartini ha fatto sapere che «il 6 gennaio del 2025, il medico che segue la paziente ha prescritto un altro presidio, che invece è validato dall’Ema ed è stato consegnato alla fine del mese di gennaio». Si tratta di uno strumento salvavita prodotto da una ditta tedesca e simile a quello americano, ma che già in passato non aveva funzionato con Alice. E ieri, provandolo nell’ospedale di Cesena che l’ha presa in carico, ha avuto la conferma che sia meno consono dell’altro. «Questo dispositivo alternativo dura meno e richiede un maggior numero di medicazioni – sottolinea Stefania, che sta portando avanti la battaglia con sua sorella Alice – Stiamo facendo delle prove con lo strumento tedesco perché non abbiamo alternative, ma non riesce a svolgere la medesima funzione».

Le reazioni

Stefania mette i puntini sulle i: «La Regione deve continuare a lavorare per farci avere i pezzi dalla ditta americana perché ha anche l’autorizzazione del Ministero. Il discorso non è chiuso». Il consigliere dem Mastrovincenzo ha poi sottolineato come «nonostante numerose sollecitazioni, Pec e mail alla Regione, la paziente non avesse avuto risposte. Date attenzione a chi chiede chiarimenti perché si parla della loro vita».




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