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Dalla gogna per Dreyfus alla piazze anti-Israele. Così la sinistra ha voltato le spalle agli ebrei


L'Affaire Dreyfus, cortometraggio muto del 1899 diretto ed interpretato da Georges Méliès e prodotto da Star Film 206.
L’Affaire Dreyfus, cortometraggio muto del 1899 diretto ed interpretato da Georges Méliès e prodotto da Star Film 206.

Vedendo la gogna cui era sottoposto Alfred Dreyfus, Theodor Herzl capì che l’auspicata assimilazione della minoranza ebraica, perfettamente incarnata dall’ufficiale alsaziano, non era che un’illusione: l’Europa non era affatto disposta a concedere agli ebrei una vera uguaglianza giuridica. Nel 1896 Herzl pubblicò il libro destinato a cambiare la storia: «Lo Stato ebraico» e il 30 agosto 1897 riunì a Basilea il primo congresso mondiale sionista. Alcuni «proto-sionisti» avevano anticipato il tema – fra questo anche il patriota calabrese Benedetto Musolino, che nel 1851 aveva scritto «Gerusalemme ed il popolo ebreo» quando ancora il Meridione era alle prese con il giogo borbonico e a Roma persisteva l’infamia del Ghetto antiebraico. Il libro rimase inedito per un secolo, poi fu riscoperto ai primi del Novecento e pubblicato nel 1951 grazie alle Comunità israelitiche italiane. Un visionario Musolino, ateo e rivoluzionario, nella sinistra risorgimentale. Un precursore. Ma fu nel ’97 a Basilea che i sionisti si organizzarono stilando il loro programma e ottenendo un rapido consenso. Nacque il sionismo, laico e d’ispirazione mazziniana, teso a dare gli ebrei una casa nazionale. «A Basilea ho fondato lo Stato ebraico – profetizzò Herzl – Quando lo dichiaro, la risposta universale è di derisione. Forse, tra 5 o al più tardi, tra 50 anni ognuno se ne renderà conto».

Nel 1904 (120 anni fa) Herzl fece tappa in Italia per proporre la sua idea ai Savoia e al Vaticano. Il «Corriere israelitico» e «L’idea sionista» riportarono la cronaca dettagliata del viaggio». Incontrò il papa Pio X per chiedergli di supportare la causa sionista e questi gli oppose un inflessibile non possumus, a quanto pare con queste parole: «Gli ebrei non hanno riconosciuto il nostro Signore, e dunque non possiamo riconoscere il popolo ebraico». Il viaggio in Italia fu l’ultima impresa del giornalista e politico ungherese che morì pochi mesi più tardi, nel luglio del 1904, a 44 anni. Dal 1950 il padre del sionismo riposa a Gerusalemme su una collinetta oggi chiamata Monte Herzl, dove nel 2014 gli ha reso omaggio anche Papa Francesco, riparando a un torto storico. Passati 51 anni dalla «profezia dei 50 anni» di Herzl, nel 1948 è nato lo Stato ebraico, favorito anche da una benevolenza sovietica che presto si rivelò effimera. Il sionismo era nato laico, radicale e «di sinistra», e socialisti furono i padri di Israele.

Ma, dalla seconda metà del Novecento, la sinistra ha progressivamente voltato le spalle a Israele, fino a dipingerlo come il frutto di un disegno coloniale imperialista, mentre nel 1975 una risoluzione Onu ha bollato addirittura il sionismo come razzismo, col voto di Stati arabi, Urss e Paesi satelliti o non allineati. Nel quadro della Guerra fredda era, nero su bianco, il più potente tentativo di demolire ideologicamente Israele, un’operazione a cui i partiti comunisti occidentali certo non si sono sottratti. «La dottrina del sionismo – si legge in una nota dell’Unità di quei giorni – a giudizio del nostro movimento, una ideologia conservatrice e reazionaria, strumentalmente utilizzata dall’imperialismo, e tale da generare spinte aggressive, espansionistiche e discriminatorie da parte dei dirigenti dello Stato di Israele». Qualcuno si oppose totalmente a quell’ignominia. «Un oltraggio alla verità sancita dalla storia dei duemila anni che videro gli ebrei esposti alla costante minaccia razziale di essere tutti massacrati», tuonò il leader socialista Pietro Nenni, irriducibile amico di Israele. La condanna del sionismo venne ritrattata 15 anni dopo in sede Onu con il voto contrario di 25 Paesi musulmani – e 15 astensioni – ma ormai erano stati avvelenando i «pozzi» dell’ideologia e il tentativo di isolamento e condanna dello Stato ebraico è stato traslato sul terreno dei diritti civili e della «pace». La sinistra oggi è antisionista e anti-Israele, come si vede nelle piazze in cui «sionista» è gridato come un insulto, usato come sinonimo di fascista e «agente sionista» è un epiteto scagliato perfino contro i superstiti dei campi di sterminio.

Il tradimento della sinistra si è consumato. «Oggi – aveva scritto il rabbino Giuseppe Laras nel suo testamento spirituale, nel 2017 – sono testimone del sorgere di una nuova ondata di antisemitismo (specie nella sua ambigua forma di antisionismo), del tradimento delle sinistre e del rapido declino intellettuale e morale della civiltà occidentale». «Tuttavia – aveva aggiunto – oggi la nostra esistenza non è più, ringraziando il Santo e Benedetto e l’impegno di moltissimi, in totale balia delle nazioni». Ecco Israele.

E in Israele Laras è stato sepolto. Come Herzl. Alfred Dreyfus riposa invece nel cimitero di Montparnasse. “Qui giace il tenente colonnello Alfred Dreyfus, ufficiale della Legion d’onore” si legge in francese e in ebraico.


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