Danni neurologici per l’uso eccessivo della pasta dentale? Paga il produttore
Il produttore della pasta dentale deve risarcire l’utilizzatore per i danni neurologici causati dall’abuso del prodotto. La condotta anomala del consumatore non esclude, infatti, la responsabilità della casa produttrice se questa si è limitata ad avvisare che la protesi poteva essere difettosa se, per farla aderire alle gengive, era necessaria una maggiore quantità di prodotto di quella, modesta, indicata. Ma non lo aveva avvertito del fatto che, continuando a usare l’adesivo in maniera eccessiva, avrebbe corso il rischio di subire danni gravi alla propria salute, dovuti a un livello alto di zinco nel sangue, che comporta un abbassamento del rame. La conseguenza era stata una paralisi degli arti.
Ammesso, dunque, che il consumatore avesse accettato il rischio derivante dal suo comportamento incauto, «questo consisteva solo in quello implicato dall’uso prolungato di una protesi non ben realizzata o bisognosa di riparazione». La Cassazione ha così accolto il ricorso contro il verdetto della Corte d’appello che, al pari del Tribunale, aveva escluso il diritto al risarcimento proprio per l’uso eccessivo che era stato fatto della pasta dentale, un uso però non atipico per i giudici di legittimità, quindi ragionevolmente prevedibile.
Per la Suprema corte l’abuso dunque poteva al più essere valorizzato per ridurre il risarcimento, ma non per escluderlo, a fronte di un’informazione generica e inadeguata, come emerge dal fatto che lo stesso foglietto illustrativo suggeriva di verificare l’adeguatezza della protesi.
Il mancato avviso dell’effetto collaterale
L’utilizzatrice non poteva essere considerata la sola responsabile del danno alla salute, perché la società farmaceutica non aveva adempiuto l’onere di segnalare adeguatamente il possibile effetto collaterale. Effetto, collegato a un uso scorretto, «che non era affatto imprevedibile, posto che nel 2010 si erano verificati 416 casi e che già in precedenza la letteratura scientifica aveva avvertito degli effetti nocivi provocati dall’intossicazione di zinco».
Ha, dunque, sbagliato la Corte d’appello «a ritenere che l’utilizzo di un prodotto venduto nei supermercati, ampiamente reclamizzato, privo di indicazioni circa l’effetto nocivo per la salute cagionato da un suo uso prolungato, utilizzato proprio e solo per lo scopo per cui era stato prodotto, lasciasse prevedere il rischio di restare paralizzati agli arti, come era avvenuto». La produttrice aveva messo in commercio, fino al 2010 quando era stato ritirato, un presidio medico potenzialmente pericoloso, senza le dovute avvertenze.
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